Recensione: Turner (2014)

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Turner è un uomo solo, profondamente infelice e malinconico, non più giovane.Dal carattere scorbutico alla morte del padre si aggira sempre meno a suo agio fra gli ambienti accademici e mondani. In fuga da una moglie venale, accudito in un rapporto ambiguo dalla serva fedele, si dedica con passione all’arte e, trasferendosi per un certo periodo presso un’isoletta ha modo approfondire gli studi sulla luce attraverso l’osservazione degli eventi naturali, dal mare calmo o in burrasca al cielo nelle varie fasi della giornata.Qui trova conforto nell’amore per una donna semplice, del popolo. In un contesto storico ambientale riprodotto fedelmente e con cura attraverso tableaux vivants magnifici,vero punto di forza del film insieme all’eccellente interpretazione del protagonista le vicende dell’artista si sdipanano in maniera lineare senza picchi improvvisi o eventi particolarmente significativi. Tutto sommato, un film vedibile.

Mike Leigh ci fa entrare nella vita di Turner evitando tutti gli stereotipi del biopic tradizionale: grazie a un lavoro straordinario sulla fotografia e a un superbo Timothy Spall riusciamo a tuffarci nel primo '800 e a respirare l'atmosfera dell'Inghilterra di Turner. Purtroppo però la vita di Turner non è stata ricca di eventi particolarmente significativi e il film finisce per annoiare un po', mancando di un centro narrativo e di una tematica forte. Sicuramente un film nobile, ma altrettanto sicuramente un film non troppo avvincente.