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Psico-thriller di discreta fattura, mantiene una tensione costante per quasi tutta la sua durata. Il film ha il pregio di mostrare in tutto il suo glaciale realismo la totale dissoluzione morale della società francese "gauche au caviar" laicista dei nostri tempi. Non si fanno sconti: dai ragazzi fino ai nonni, è tutto un susseguirsi di figure moralmente oscene, seppur perfettamente funzionali al plot surreale del film. Alla fine, oltre alla cenere di esistenze vuote ed immorali, resta il paradossale unico bagliore della moglie del "colpevole", unica figura superiore che sembra agire ignara della devastazione attorno a lei.
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Un gradevole ritorno al cinema europeo per Verhoeven che costruisce intorno ad una Isabelle Huppert ispiratissima un buon thriller farcito di sociopatia - tra pillole di ordinaria misognia (o falsa emancipazione femminile) e feroce ipocrisia cattolica. L'idea dell'imprenditrice di videogames che rimane incastrata all'interno delle dinamiche di un gioco erotico/psicologico è affascinante all'inizio, ma finisce per deragliare verso lo scioglimento del giallo. Ad ogni modo, bentornato Paul.
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