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Recensione: Cose di questo mondo

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Cose di questo mondo
titolo originale In This World
nazione Gran Bretagna
anno 2002
regia Michael Winterbottom
genere Drammatico
durata 88 min.
distribuzione Mikado Film
cast J. Torabi (Jamal)
sceneggiatura T. Grisoni
musiche D. Marianelli
fotografia M. Zyskind
montaggio P. Christelis
media voti redazione
Cose di questo mondo Trama del film
Domiciliati in un campo profughi pakistano a Peshawar, dopo la fine del conflitto in Afghanistan due cugini, con l'aiuto dei parenti, decidono di partire alla ricerca di un futuro migliore. Attraverso Iran, Turchia e Italia i due viaggiano a ritroso lungo quella che un tempo veniva definita 'la via della seta' nascosti nella ribalta di un tir o all'interno di un container, fra minacce e condizioni di vita impossibili. Alla fine riusciranno comunque a raggiungere la destinazione finale del loro viaggio: Londra, in Inghilterra.
Recensione “Cose di questo mondo”
a cura di Andrea Olivieri  (voto: 6)
Da un lontano villaggio del Pakistan fino a Londra, dall'oriente all'occidente: "Cose di questo mondo" racconta l'estenuante viaggio del piccolo Jamal e di suo cugino Enayatullah alla volta dell'Occidente, del futuro, di una vita migliore.
Via terra il percorso parte dal Pakistan all'Iran, attraverso le montagne del Kurdistan fino a porto di Istanbul, per raggiungere l'Italia e l'Inghilterra.
Ci sono volte in cui il cinema sembra ritrovare un senso vero e profondo, recuperando quella necessità espressiva che spesso latita.
Cinema non più solo come illustrazione o rappresentazione, ma come capacità di lettura e interpretazione della realtà.
Cinema dove la regia "mette in scena", fa vedere davvero, aiutando in questo modo lo spettatore ad aprire gli occhi sul mondo che gli sta intorno.
E' il caso del film di Michael Winterbottom, che trova il giusto equilibro tra elaborazione e analisi della realtà.
Girato in sequenza (il materiale girato è stato montato con la stessa cronologia delle riprese) e con un linguaggio semidocumentario, "Cose di questo mondo" non ha una vera e propria sceneggiatura, che avrebbe ostacolato la spontaneità dei due protagonisti.
Gli attori recitano in lingua ed il film, giustamente, non è doppiato. "Stratagemma" che maggiormente fa apprezzare il senso di estraneità dei due profughi.
Le riprese sono state fatte con una piccola videocamera digitale, senza luce artificiale, per "cercare di essere meno invadenti possibile", come afferma lo stesso Winterbottom.
In questo caso, il regista si discosta dalla realtà dei fatti, preferendo far credere allo spettatore che tutta la vicenda sia realmente accaduta, e che le scene siano state riprese in una sorta di "diario di viaggio" dei due profughi.
Così facendo, accentua sia la drammaticità dell'intreccio, sia la spontaneità della recitazione, affidata totalmente ad attori non professionisti, scelti nei luoghi delle riprese.
La storia personale dei due affiatati cugini diventa sempre più la storia di ogni emigrante pakistano e lentamente sfuma e lascia il posto agli "oggetti", alle cose di questo mondo.
Inevitabilmente le promesse degli oggetti deludono ed infine l'occidente dei tesori si rivela un mondo sporco, caotico, rumoroso, senza sorrisi e senza musica, ma soprattutto tragicamente reale.
Un'opera dove tutto è ridotto all'essenziale, dove cielo, deserto e montagne riempiono lo sguardo e la mente si sofferma a riflettere profondamente.
Winterbottom affida agli sguardi, ai gesti dei diseredati l'accusa muta verso un occidente che non sa comprendere, ed è anche in grado di inserire alcune sequenze di candida umanità.
Non fa prediche, ma emana un'indignazione autentica per la sorte dei "dannati della terra".
Un film onesto e profondo, una pellicola la cui visione innesca in circolo sani principi di giustizia sociale.
Orso d'Oro al Festival di Berlino 2003.
Commenti del pubblico







Ultimi commenti e voti
Medaglia d'Oro (264 Commenti, 70% gradimento) mimma Medaglia d'Oro 9 Agosto 2013 ore 09:47
1
voto al film:   8

Bellissimo il commento di Andrea Olivieri della redazione che ringrazio per aver dato corpo a tutte le sensazioni che il film ha suscitato in me.Vorrei aggiungere che mi ha ricordato un pò "14 kilometros" di Olivares. Autenticità, pienezza, realismo puro, persino poesia e bellezza che emergono nella visione finale dell'assolata terra natale del protagonista filtrata attraverso la nostalgia degli affetti più cari
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