|
L'altro volto della speranza è quello che si nasconde dietro la facciata della civilissima Finlandia, incapace di riconoscere lo status di rifugiato ad uno che fugge da Aleppo per via di qualche cavillo burocratico, trasformandosi ben presto in una prigione (con non pochi risvolti comicamente grotteschi). Al contempo la speranza trova un volto inatteso proprio nell'universo dei migranti, l'unico capace di conservare umanità ed in grado di sovvertire l'ordine (più formale che morale) della fredda Finlandia. Come sempre il cinema di Kaurismaki si spinge in territori espressivi molto personali per offrirci un taglio non banale su un tema abusato, senza lesinare frecciate velenose proprio al suo paese. La sua Finlandia è dimessa, quasi triste (come del resto il pezzo di mondo che intende rappresentare) e della quale il protagonista arriva a dire: "La Finlandia è un paese bellissimo, me ne sono innamorato subito. Ma se trovi il modo di andartene fammelo sapere". Spietato.
|
|
|
Non è facile affrontare il tema dei migranti, ormai trito e ritrito dall’industria cinematografica, senza cadere nella retorica. Qui il regista, con il consueto stile algido, sobrio e laconico, narra dell’incontro tra Kaled, un profugo siriano, e un ristoratore piuttosto sui generis, che si svolge nella civilissima Finlandia.La macchina dell’accoglienza qui è perfetta e efficiente ma, come a volte accade, ottusa. E’ dietro l’apparente indifferenza della gente comune, degli ultimi, dei diseredati che si nasconde l’ultimo baluardo di solidarietà. Popolato come sempre di personaggi bizzarri e improponibili, pregno di un umorismo così nero che proprio non intende far ridere, il film riesce ad arrivare al cuore dello spettatore, a coinvolgere, intenerire con una storia semplice ma immediata, diretta.Da vedere
|
|