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Inizio '900: Bill, un operaio costretto a fuggire da Chicago per una lite con il padrone, finisce insieme alla giovane amante Abby e alla sorellina Linda in una fattoria nel Texas. Il proprietario, Chuck, si innamora della ragazza che, tra l'altro, si è fatta passare per sorella di Bill. Venuto a conoscenza della malattia incurabile di Chuck, Bill spinge Abby ad accettarne l'offerta di matrimonio. |
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Lo spazio. Lo spazio dell’uomo, della sua vita che interseca lo spazio altrui, quello delle sue decisioni, quello di chi può non decidere. La speranza che trasfigura questo spazio in lande sterminate di sole e grano, il destino che lo restringe al greto d’un fiume senza nemmeno lo spazio per soffocare.
Nei campi del Texas di inizio secolo s’intrecciano, sotto gli occhi di Linda, infinite storie più tre, tre vite che nell’incrociarsi si ostacolano, cercando spazi più ampi se ne tolgono a vicenda, si distruggono. Direttamente da un quadro di Millet, anzi, da tutti i suoi quadri, acquistano il respiro della cellulosa Billy, Chuck e Abby, ritagliandosi davanti alla realtà della macchina da presa lo spazio che l’illusione della vita sottrae loro.
Al di là del quadro, fuoriusciti dalla massa di contadini eternati nello spazio del 1914, i tre alieni assurgono a prototipi della sofferenza umana, scherzo e significato della natura.
La lieve sofferenza innata nell’essere umano, viene combattuta col solo risultato di scatenare una sofferenza più profonda, accompagnando al male della vita il male della sconfitta. Billy fa qualcosa per stare meglio, e perde nell’ordine se stesso, Abby e la vita; Chuck, in una situazione più estrema nel bene e nel male, con un cacciavite nel cuore, che altro non fa se non svitare la valvola che pompa sangue nella carcassa umana, perde tutto ciò che ha conquistato; Abby, femme fatale, spegne il fuoco della ragione in tutti e tre, oscurando il cielo dei loro giorni.
Senza mai perdersi nel corso d’una narrazione che mescola sentimenti individuali a vita colettiva, Terrence Malick affida alla voce d’una bambina il sogno d’un mondo mitico, nel quale degli eroi mortali percorrono la semidivinità della terra, dell’aria, dell’acqua, del fuoco, ed in questa sintesi elementare, tra cielo e grano, vengono schiacciati dall’ape del destino e precipitano dal cavallo alato della vita, di fronte alla Chimera della felicità, allo spazio della morte a loro concesso.
Il finale, tra Huston e Kubrick, vede l’illusoria fuga di Billy fermata dalla morte a un passo da una nuova vita: una vita destinata a non venire mai, un fallimento prefigurato dalla sua camminata, incerta, fortemente a disagio, nella ricca casa di Chuck.
Dove finisce la realtà, ed inizia la finzione, troviamo due giovani esordienti, un già bravo Richard Gere soccombente di fronte ad un meraviglioso Sam Shepard, successivamente più a suo agio come sceneggiatore che sul set.
Oscar per la fotografia, miglior regia a Cannes, senza dimenticare le musiche di Ennio Morricone. |