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"Basta che funzioni" racconta la storia di un irascibile misantropo e di una giovane, timida e suggestionabile ragazza del sud fuggita da casa. Quando i genitori della ragazza giungono a New York per salvarla, verranno velocemente e selvaggiamente risucchiati in inattesi intrighi sentimentali. Ma alla fine tutti capiranno che per trovare l'amore ci vuole una giusta dose di fortuna abbinata alla capacità di riconoscere tutto ciò che potrebbe funzionare. |
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“Basta che funzioni” è spesso il principio di ogni film di Woody Allen. Così dopo tanta Europa, in attesa di Parigi, ecco Woody rientrare a New York per riprendere ogni discorso lasciato, tornando a frizzare tra una tirata anti-USA e un commosso ammiccamento a quelle strade che lo hanno allevato e sedotto che hanno ancora impresse sui muri ogni sua indimenticabile frase; il suo cinema fatto di sceneggiatura, più testo che immagine o meglio un'immagine al servizio del testo, del qualcosa da dire che trasforma la vita e anche se non la illumina o appaga, perlomeno le concede l'illusione dello stupore.
Così è Boris (Larry David), un Woody senza Allen che stavolta si limita a recitare e incarnare solo dietro la macchina da presa per consegnare al suo personaggio nessuna specifica originalità fisica; ma una miriade di spunti narrativi, infarciti di tutte quelle sue ormai immancabili confessioni, tutti quegli sfoghi mentali e psichici che rendono categoria un film di Allen. Lo spunto del singolo a servizio della coralità dei personaggi che si muovono attorno, che funzionano proprio perchè interpretati e illuminati da un signore di mezza età che poi in fondo non ha età, non cresce ma pensa incessantemente, costruendo una visione d'insieme che lui stesso dichiara essere la principale qualità di ogni Genio.
La voluta “stupidità” di Melody (bravissima Evan Rachel Wood) è talmente estesa da risultare straordinariamente fresca. Lei riassume dentro il suo mondo il tentativo, la purezza, l'assoluto bisogno che il genere umano sia differenziato. Chi sceglie e chi è scelto, chi ha fortuna o chi invece rinuncia a tutto per cercare un seppur minimo senso, un'ira ironizzante, alta, distaccata, purissima ma ovviamente letale. Se la solitudine è il peggiore dei mali, Boris la cerca come il migliore dei beni: e se appena visto un film di Woody si schiariscono le idee e si genera una soddisfacente allegria, allora non ci libereremo mai dei tanti piccoli “vermetti” che mangiano il nostro cervello, anzi che sono il nostro cervello.
Ma in fondo...l'importante è che funzioni. |
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Intelligente e dissacratorio come non mai questo Woody Allen in forma davvero smagliante.Situazioni da commedia con rovesciamenti di ruoli e sovvertimento totale di valori che, unite alla consueta autoanalisi propria dei tempi migliori del regista, lascia chiaramente intendere che non vi possono mai essere certezze e situazioni stabili nell’esistenza.
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Nomen Omen: il destino nel nome. Forse l'ironia assoluta del film sta proprio nel titolo; dopo una serie di ottime prove europee di tutt'altro genere Woody Allen torna alle amare tragicommedie introspettive e autobiografiche con un film che corre via velocemente e piacevolmente andando a parare esattamente dove ci si aspetta...la formula come sempre funziona, grazie soprattutto alle ottime prove attoriali, e questo e' quanto basta.
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