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Colin Farrell e Ewan McGregor sono due fratelli di origine proletaria. Il primo fa il meccanico, ha il vizio del gioco e un'attrazione fatale per whisky e pillole, il secondo aiuta il padre al ristorante e coltiva confuse ambizioni di riscatto sociale. Quando il ricco zio, trasferitosi in Cina per affari, va a trovarli, i due si precipitano a chiedergli un prestito per uscire dai rispettivi problemi: uno è infatti nei guai con i creditori per aver contratto un debito di gioco, mentre l'altro ha perso la testa per una sensuale, misteriosa e volubile attrice dilettante, con la quale sogna di trasferirsi a Los Angeles. Lo zio si rivela disponibile ad aiutarli, ma pone una condizione pesante come un macigno: sarebbero disponibili a uccidere un suo nemico in affari, le cui rivelazioni potrebbero costargli la galera? |
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Con “Sogni e Delitti” si chiude la trilogia londinese di Woody Allen, iniziata tre anni fa con l’inquieto “Match Point”. Terzo film e terzo combattuto delitto al centro della storia, per quella che sembra ormai esser diventata la nuova ossessione di Woody, talmente curioso e sospettoso da trovare nell’omicidio rare e preziose angosce vitali, impossibili da non narrare.
Come in “Match Point” e non è certo l’unica affinità tra i due film, Allen scrive, dirige ma non interpreta; si stacca dal suo prodotto non condividendone l’indagine, come ad esempio nel secondo capitolo “Scoop”; ma si sofferma sul senso di colpa che, sia presunto, reale o dilaniante, resta comunque la pura fonte di interesse. Una trilogia che varca il limite personale, apre all’altra strada, quella non giudicabile e si posiziona al confine del bene e del male, regno della giustizia reale o interiore, quest'ultima decisamente più incisiva. In “Match Point” l’unica protagonista è la fortuna che si rivela nel fato di un colpo vincente; in “Scoop” invece è l’indagine che supera la paura per una verità che deve per forza venire a galla; “Sogni e delitti” invece rappresenta il plagio e la vittoria della morale sull’uomo.
Terry è talmente schiacciato dal senso di colpa per aver commesso l’atto che oltre al sonno perde i binari della realtà, il danno supera la causa e la scelta sbagliata diventa appunto una colpa così insopportabile che deve essere e sarà espiata. Ian invece, l’altro fratello, è più freddo, non teme la collera divina e neanche il giudizio umano, considera la morale un punto di vista e risulta in pieno il degno erede di Chris Wilton, come lui capace di stravolgere il destino senza aver però la minima fortuna del suo predecessore.
Perché è proprio Woody, vero e unico deus ex machina, a tradire qui i suoi protagonisti, trascinandoli in un finale amaro e potente dove la regia diventa una rigida morale che se fino a quel momento aveva illuso di parteggiare per i due sfortunati fratelli, ora non risparmia nulla e 'affonda' letteralmente i suoi colpi, consegnandoci un inaspettato epilogo con richiami alla Caino e Abele.
Londra è ancora estiva anche se piove spesso, l’amore tra le due coppie dolce e pieno di finezze, è proprio il destino stavolta a consegnarsi tragico e assolutamente consapevole. |
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Commenti del pubblico |
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