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Recensione: Terra e libertà

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Terra e libertà
titolo originale Land and Freedom
nazione Gran Bretagna / Germania / Spagna
anno 1995
regia Ken Loach
genere Drammatico
durata 106 min.
distribuzione Columbia Tristar Films
cast I. Hart (David Carr) • R. Pastor (Blanca) • I. Bollain (Maite) • T. Gilroy (Lawrence) • F. Pierrot (Bernard) • E. Samper (Miliziano)
sceneggiatura J. Allen
musiche G. Fenton
fotografia B. Ackroyd
montaggio J. Morris
media voti redazione
Terra e libertà Trama del film
Muore un anziano. La nipote, casualmente, trova delle lettere. Il nonno era tutt'altro che un personaggio insignificante. Eccoci nel 1936: il giovane inglese David va in Spagna per combattere contro Franco. In quel paese stanno confluendo giovani da tutto il mondo, richiamati dal magnifico ideale libertario. Non hanno armi, non hanno organizzazione, hanno solo entusiasmo. Ottengono qualche vittoria iniziale e sembra che si possa realizzare l'ideale comunista rivoluzionario. Nel frattempo David vive tutte le esperienze, compreso l'amore per una pasionaria. Alla fine le troppe tendenze rivoluzionarie si scontrano fra loro, comunisti tradiscono comunisti e Franco, fascista organizzato, finisce per beffare tutti e vincere.
Recensione “Terra e libertà”
a cura di Riccardo Rizzo  (voto: 8)
Ken Loach abbandona la “sua” Inghilterra e va in Spagna, a raccontarci cosa è stata, ma soprattutto cosa ha significato, la guerra civile degli anni trenta. Un film sulla memoria, storica ma anche individuale, che proprio dalla memoria trae il suo spunto: critico e di riflessione. Le prime scene, segnate dal cinismo con cui un barelliere annuncia ad una ragazza che suo nonno è morto, vedono il ritrovamento da parte della nipote, di antichi ritagli di giornale, documenti e fotografie. Proprio dai suoi ricordi, ma attraverso gli occhi di adesso, si ripercorrono gli atti di una tragedia dolorosissima: non solo perché lasciò che Franco e il totalitarismo vincessero contro l’idea di una Repubblica libera, ma anche perché quella civile è la guerra più crudele che si possa combattere.
Non Uomini contro Uomini, ma Fratelli contro Fratelli.
Con estremo rigore storico, alternando momenti lirici a sequenze di cruda violenza, Loach riesce nell’intento non facile di trasmettere con emozione (mai eccessiva) e in ogni momento, le sensazioni di un giovane comunista, partito da Liverpool per difendere gli ideali di Giustizia e Libertà, che finirà ideologicamente sconsolato per gli avvenimenti che progressivamente portarono ad una vergognosa lotta interna tra i miliziani (soprattutto anarchici) del POUM e i comunisti, asserviti alla politica apparentemente più moderata dell’Unione Sovietica. In una delle scene più memorabili due combattenti volontari, ma all’interno delle due distinte fazioni, si ritroveranno uno di fronte all’altro, fucile in mano, a discutere sul perché stanno lì a spararsi tra di loro invece che contro i fascisti. L’estrema lucidità con la quale si ricostruiscono le vicende di quegli anni, non impedisce la grande commozione con la quale si assiste ad alcune scene di straordinaria bellezza rivoluzionaria. Quella della presa di un paesino da parte dei rivoluzionari che prima uccidono un prete (assassino) e poi di come e quando collettivizzare la terra, è testimoniata da una telecamera a spalla che commuove nel suo frenetico rincorrere sguardi, gesti e parole dei protagonisti che discutono. Nel racconto c’è spazio anche per una storia (nella Storia) d’amore, ma lo spunto principale di riflessione poggia sull’amara considerazione che se si fosse la guerra, probabilmente la Rivoluzione, che è contagiosa, si sarebbe potuta espandere in tutto il mondo. Loach, che quasi sempre ha appoggiato i più deboli o gli sconfitti, non si lascia però prendere da nostalgia o rassegnazione, regalandoci alla fine del film, un messaggio di speranza e responsabilità alle nuove generazioni, perché possano continuare a lottare sempre per la Terra e la Libertà, quelle racchiuse in un fazzoletto rosso depositato sulla bara del nonno…
Commenti del pubblico







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