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Un gruppo di marines americani, parte per il Vietnam e sperimenta nella cruda offensiva del Tet, che ha per teatro la città vietnamita di Hue, gli orrori di una guerra micidiale per entrambi gli schieramenti, da cui i superstiti non usciranno vincitori, né vinti, ma disumani e cinici professionisti di morte. |
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“Ognuno di noi, che lo voglia o meno, é in parte affascinato dalla violenza. L'uomo, dopo tutto, è il killer meno provvisto di rimorsi che abbia vissuto sulla terra. E quella fascinazione dimostra che siamo assai poco dissimili dai nostri antenati più remoti”.
(Stanley Kubrick)
"Full Metal Jacket" non è (o non è soltanto) un film antimilitarista, sul Vietnam, sulla guerra, sulla violenza. Ma su quell’ "eredità" che l'uomo si porta appresso da sempre. La malignità, la perversione della nostra natura.
Jack Nicholson in "Shining" era preda della follia, dell'orrore e del Male, poiché questa parte della propria natura sopraffaceva il suo desiderio di diventare scrittore.
Sette anni dopo, uno dei grandi temi del regista riappare sotto vesti trasfigurate (dal film d'"orrore" a quello di "guerra"): nessun film di Kubrick è mai stato simile al precedente. In questo potere di sorprenderci e "sconcertarci" sta uno dei grandi segreti della sua arte.
"Full Metal Jacket" è diviso in due parti: apparentemente, l'addestramento dei marine nella prima, e l'azione di guerra nel Vietnam nella seconda. Kubrick riesce a trasformare un addestramento militare (con tutto ciò che comporta di idiota) e addirittura un'azione di guerra, grazie alla "trasfigurazione": gli attori (praticamente sconosciuti), i dialoghi (immediatamente straordinari di forza e efficacia), la semplicità delle immagini, l'ambiente e la luce. Piatta. Da cronaca dello spettacolo. La luce trasforma il campo di addestramento in uno sfondo neutro privo di mezze misure.
Un luogo stilizzato dove gli oggetti e quindi i sentimenti si modificano. Dove l’aggressività è una "proiezione". Nella seconda parte del film, la lobotomizzazione iniziale cederà il posto ad una "presa di coscienza".
"Full Metal Jacket"; nei sobborghi di Londra è stata, ancora una volta, un'intuizione geniale. Quattro palme spelacchiate, due tramonti di cartapesta ed una serie di edifici in rovina bagnati dalle "guerriglia urbana". La caccia al cecchino, la strategia di un ipotetico accerchiamento perde ogni logica. Le rovine fumanti s'identificano sempre di più con l'affresco dell'Estinzione.
Premio David 1988 per la Migliore Produzione Straniera a Stanley Kubrick. |
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Commenti del pubblico |
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