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Nel primo episodio ("In Vespa") Nanni Moretti vaga per una Roma estiva e semideserta, va al cinema, raggiunge il Lido di Ostia fino al luogo in cui è stato ucciso Pasolini. Nel secondo ("Isole") partiamo da Lipari per arrivare a Filicudi in compagnia di Gerardo, teledipendente inconfessato. L'episodio finale ("Medici") segue invece l'odissea di Moretti a cui viene diagosticato un tumore al sistema linfatico. |
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Caro Diario…
Moretti racconta episodi privati della sua vita, giudica chi e cosa lo circonda e si sfoga, proprio come sulle pagine di un diario segreto. Il film è costruito su una struttura tripartita, tre tematiche che permettono all’autore di riflettere e dire la sua su vari aspetti della società.
Si inizia con “In Vespa”. Lo seguiamo a bordo del veicolo mentre, sullo sfondo del torrido agosto capitolino, confessa la sua passione per i quartieri popolari romani e il suo amore per la danza nato grazie a “Flashdance”, passione che però non riesce a mettere in pratica. Critica fortemente il cinema che si fregia di tal nome ma non lo è, dagli horror-splatter americani ai film italiani forzatamente intellettualistici, e i critici che li approvano, e chiude questa pagina di diario con un omaggio a Pasolini, artista che il cinema lo sapeva fare realmente.
Il secondo capitolo, forse un po’ più lento, è “Isole”. Ambientato nella bellissima location delle Eolie, racconta la ricerca di un po’ di tranquillità per mettere a posto le carte e le idee, trovando asilo da un amico scrittore rifugiatosi lì da anni per studiare Joyce.
Tutto si trasformerà in un viaggio da isola ad isola alla ricerca di una calma introvabile. Lui, novello Ulisse, affronterà genitori sottomessi ai figli unici, sindaci che esagerano nei sogni di gloria e ricchi modaioli annoiati, cercando di combatterli o ignorarli, mentre lo scrittore di successo cadrà sotto i colpi delle soap-operas nella trappola mediatica della tv.
Il terzo episodio è “Medici”, il più intimo. Il viaggio ora diventa pellegrinaggio da uno studio medico all’altro. Ripercorre qui Moretti la sua vicenda personale nel momento della malattia, durante gli invani tentativi di farsi guarire dagli strani pruriti che lo tormentano e che nessuno, medici e non, riesce a ricondurre a un tumore benigno, per colpa della poca attenzione prestata e dell’incompetenza.
Lungometraggio centrale nell’opera del regista è David di Donatello 1994 per miglior regia, miglior film e miglior colonna sonora. |
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Nanni Moretti gira con la vespa attraverso i quartieri di Roma ad agosto e, nella città deserta, nei suoi multiformi quartieri, dalla Garbatella a Spinaceto, trova spazio e libertà di movimento. Libere e fresche si innalzano anche le idee del regista che qui si muove senza l’ausilio di una sceneggiatura, a zig zag come la sua vespa fino al luogo in cui fu ucciso Pasolini Divertente e ironico il vagabondare fra le isole lipari del secondo episodio dove, come viene detto, la rivalità tra la mondana Panarea e l’isolata Alicudi si vive più fra villeggianti che fra abitanti del luogo. Il terzo episodio parte da un fatto realmente occorso a Moretti del quale conserva le ricette mediche per un problema di salute risolto alla fine anche con l’ausilio della chemioterapia filmata dal vero.Lo sguardo finale rivolto alla macchina da presa testimonia la ritrovata serenità.
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6,5
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Correggo!!! Consigliato, ma NON come primo approccio, bensi a chi ha già dimestichezza con il linguaggio morettiano. Chiedo scudo.
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6,5
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i suoi film. Consigliato soprattutto come primo approccio al regista.
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6,5
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Nella prima parte, condita delle ottime musiche di Piovani, Nanni riflette sulla Roma degli anni novanta e sulle ambizioni disilluse della propria generazione. Divertente e surreale. Nella seconda emerge la critica sociale (cosi come gli isolani sono incapaci di interagire con gli stranieri, la nostra società, divenuta priva di senso, non permette una comunicazione sincera tra le persone) cui ci ha abituato, ma in forma lenta e dispersiva, c è meno dialogo (la vera arma in più di Moretti) e più spazio per lunghi silenzi. Il terzo capitolo è decisamente il migliore. Il regista si apre come mai aveva fatto, raccontandoci con uno stile intimo e ironico (in superficie, ma in realtà tremendamente drammatico) la sua odissea tra i dermatologi romani, incapaci di riconoscere sintomi ben più gravi di quanto affermino, specchio di una scienza poco scientifica e soprattutto priva di umanità. Tre episodi per raccontare drammi collettivi. Nonostante le apparenze, è forse il meno autobiografico de
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