Berlino 2008 14/02: si parla, si aspetta

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*a cura di Glauco Almonte*

La mattina di questo San Valentino berlinese si porta dietro gli echi della serata appena trascorsa.
Madonna è già ripartita, ma ora che l’attesa ha lasciato il posto all’analisi, non si fa che parlare di lei.
Lei ha parlato ieri, dicendo che “Filth and Wisdom” parla “del bene e del male, del richiamo del basso e dell’ansia di elevarsi”. Dice anche che ci si identifica, e forse lo crede davvero.
La stampa parla oggi, e lo fa in maniera inaspettatamente positiva. Non sarà un capolavoro (non lo pensa nemmeno il pubblico che ha applaudito ieri e che anche oggi accorre alla replica più numeroso dei posti disponibili), ma in confronto al remake di “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” girato dal marito qualche anno fa il passo avanti è notevole.
Si parla anche di “Caos Calmo”, unico film italiano in concorso: se a Berlino si discute del film, dell’interpretazione di Nanni Moretti, del libro di Sandro Veronesi (e il ‘Berliner Zeitung’ ci va giù pesante), in Italia si discute di quel che la Chiesa dice del film. Tra chi parla sempre e comunque, e chi gli dà un’assurda importanza replicando puntualmente, la colpa è da dividere salomonicamente. E se ne avanza un po’, sia pronto a riceverne chi adesso si lamenta che del film si parli solo a proposito della scena di sesso, ma in fase di postproduzione se ne è servito per montare le attese e dare via al dibattito preventivo attorno al film.
Per fortuna la giornata è lunga, e l’oggi riesce a riprendersi il suo diritto alla cronaca ai danni di uno ieri un po’ ingombrante. Il concorso registra tre film ‘a sorpresa’, che nell’ampio programma di questa Berlinale sono passati inosservati, schiacciati tra nomi più famosi. Di solito, l’invisibilità è garanzia di qualità…
Si comincia alle 16.30 con “Heart of Fire” (Feuerherz), coproduzione tra Austria, Germania e Italia: un film duro, su una bambina-soldato che dall’Etiopia si ritrova in Europa ad inseguire un sogno musicale. E’ una storia vera, e se non fosse per il lieto fine andrebbe giù a fatica.
All’ora di cena è la volta di un’altra tri-produzione (Francia-Germania-Belgio), “Restless”, la storia del doloroso rapporto tra un ragazzo e il padre assente. Chiude il concorso “Il y a longtemps que je t’aime”, opera franco-tedesca per la regia di Philippe Claudel, un altro dramma familiare, tra due sorelle che tornano a vivere insieme dopo che la maggiore – Juliette – ha trascorso quindici anni in prigione.
Nemmeno il Panorama, oggi, è dei più leggeri, tra l’iraniano “3 donne” e le repliche di quasi tutti i documentari presentati in questa prima metà di festival. Senza guardare fino alla linea dell’orizzonte, arriviamo con lo sguardo a domani, quando entreranno in concorso, tra gli altri, l’atteso “L’altra donna del Re” (con Scarlett Johansson, Natalie Portman ed Eric Bana) e l’ultimo film del maestro polacco Andrzej Wajda, “Katyn”.