All’uscita di "Contagion" (2011), Soderbergh affermava in un’intervista di voler smettere di fare cinema, almeno per un po’, perché non trovava più la settima arte capace di imporsi come necessaria, così come per esempio lo era stato un tempo – diceva – il cinema di Godard. Forse basterebbe che si concedesse un film ogni due anni invece che un paio di film l’anno, di certo ne gioveremmo tutti. |
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Ultimi commenti e voti |
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Un plauso a Douglas e Damon che hanno avuto il coraggio di interpretare una sceneggiatura che tratta il tema dell'omosessualità nel mondo dello spettacolo con un realismo fuori dal comune.
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Aggiungo questo breve post alla mia recensione. Vedendo la cerimonia dei Golden Globe, ho scoperto che questo era un film premiato per la categoria tv-movie! Ora mi diventa più comprensibile la regia basata su interni e primi piani. E non si può non pensare alla differenza di passo che emerge rispetto alle fiction italiane. Non che ci volesse questo film per capirlo...
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Trovo la recensione troppo spicciola e ingiusta! é un film ben fatto e l'interpretazione vale almeno 4 stelle. La scenografia è espressiva della vita agli estremi di questo pianista istrionico, luci, colori.. tutto risplende. Ma come in tutti gli eccessi, arriva il momento del declino e la pellicola non perde mai l'obiettivo. è un film lineare, fatto bene. per me si merita un 7pieno. Ma visti i vostri voti "tirati" di cosa ci si può stupire?!
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6,5
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Come direbbe un mio amico gay… una frociata pazzesca! (excuse my french) Ma questo non sarebbe affatto male, per come sono divertenti certe atmosfere homo-kitsch di Las Vegas, a cavallo tra 70 e 80. Purtroppo, il film si concentra in modo asfittico, oserei dire soffocante, sulle scene "coniugali" tra i due MDs (ottimi entrambi). Per quanto possano essere divertenti e/o spudorate certe intimità, alla lunga si perde un po' il senso del racconto. Nella parte centrale, il film si ripete e si trascina sempre uguale. Eppure, regia e fotografia ci restituiscono un Soderbergh all'altezza dei suoi momenti migliori e il film lascia un sapore agrodolce da non sottovalutare. Di solito tendo ad essere più tirato coi voti. Ma per Soderbergh ho un debole. Passare dal Che a Liberace… non è da tutti :-) Ps: mezzo voto in più per la scena a letto di Micheal Douglas post-lifting. Se ci penso, rido ancora.
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Soderbergh è uno dei più grandi dissipatori di talento della settima arte. Mille progetti sempre promettenti, mai pienamente riusciti. Anche questo anomalo bio-pic su Liberace conferma i suoi pregi e i suoi (ahimè ineliminabili, pare) limiti: le premesse per un gran film c'erano, ma mancano i sussulti, il vero tocco dell'artista. Se il film merita di essere visto è più per le interpretazioni dei due protagonisti che per altro; la regia scorre un po' piatta e innocua, tra rimandi all'Almodovar de "La pelle che abito" (una suggestione interessante che andava maggiormente approfondita), un tocco di bianco e nero (perchè non guasta e per mostrare che lo si sa utilizzare, più che per vera necessità) e molte banalità. Peccato, perché il tema era interessante, e l'analisi del vuoto celato dietro la celebrità, aggravato dall'omosessualità celata, era tema tutt'altro che banale. Comunque più decoroso di alcuni recenti film di Soderbergh...
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