Venezia 2008 05/09: Il giorno di Olmi
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Venerdì 5 Settembre, all'indomani dell'attesa cerimonia di premiazione, la Mostra torna ad emozionare, dopo aver vissuto, mai come quest'anno, di soporifere contraddizioni e ben celato malcontento. E' il giorno di Ermanno Olmi, di quel Leone alla carriera atteso 48 anni, quando il regista, all'epoca giovanissimo, sbarcò al Lido con il suo “Il Posto”. Il grande regista che già aveva vinto la Palma d'Oro a Cannes con “Gli alberi degli Zoccoli”, è apparso profondamente commosso; lui che ha saputo raccontare la terra, la fertilità geografica dello spazio e dell'anima forse come nessun altro in Italia, ha raccolto dalle mani di un altrettanto, anzi molto più emozionato, Adriano Celentano, il Leone d'Oro alla Carriera. Il factotum Adriano non ha voluto premiare sul palco il regista bergamasco classe '31, ma ha aspettato di scendere dal palco per consegnare lo scintillante Leone al maestro. “Solitamente, quando offrono il premio alla carriera – ha detto - “è quasi sottinteso che chi lo riceve non abbia più niente da dire. Tu Ermanno non hai più niente da dire?” Laconica e dolce la risposta: “Ho paura che per me ci sia ancora da dire perchè ho sempre avuto la sensazione che non si smetta mai d'imparare e che lo stato di eterno apprendista sia stimolante e ben più esaltante di quello di maestro.” Standing ovation e oltre dieci minuti di applausi per il regista, talmente umile da invocare la terza o quarta età non come fine ma come nuova fase d'innamoramento, e capace di sorridere continuamente riempendo l'aria di un'emozione quasi materica. Poi nel silenzio l'annuncio di Cappon, direttore generale Rai, che svela il nuovo prestigiosissimo progetto al quale Olmi sta lavorando, un film sulla vità di Gesù. E allora cento di questi anni Maestro! Ma la vera, piacevole sorpresa, davvero inaspettata, la regala il regista americano Darren Aronofsky, arricchendo il concorso veneziano con una pellicola toccante e densa: “The wrestler” sulla vita del wrestler Randy (The Ram) Robinson. Ed è proprio il protagonista Mickey Rourke, scavato nella roccia biondo-platino del suo volto e incavato dentro al dolore, alla droga e all'alcol di un ruolo in fondo quasi autobiografico, ad apparire come un gigante. Sembra quasi di rivedere lo Zampanò felliniano, umiliato, offeso e soprattuto triste, con la solitudine dipinta dietro ogni smorfia, con le lacrime tumefatte pronte a sgorgare dietro gli occhi sempre meno trasparenti. Non c'è più l'aria leggiadra di “Rusty il selvaggio” o di “Nove settimane e mezzo”, ma solo un uomo che non si è piegato o meglio spezzato. Esclama Rourke: “Randy mi assomiglia, è un sognatore che vive come una merda...” e il film è davvero importante, tanto da aver, si mormora, sconvolto il Presidente di Giuria Wim Wenders. L'ultimo pezzo d'Italia di questa 65° Mostra arriva da Napoli. Dopo il non proprio fortunato “Chimera”, Pappi Corsicato sbarca in concorso con “Il seme della discordia”, interpretato dai 'bellissimi': Alessandro Gassman, Martina Stella, Caterina Murino e la ormai onnipresente Isabella Ferrari, ed esclama: “Avevo bisogno di un film leggero che non avesse alcuna pretesa se non quella di divertirmi”. La storia parte da un curioso paradosso, la sterilità di un rappresentante di fertilizzanti e ha il pregio di mostrarci una Napoli originale, quasi sconosciuta, al limite dell'astrattezza, in quel Centro Direzionale pieno di strade vuote e grattacieli pieni. Erano sette anni che l'Almodovar italiano, come fu definito ai tempi di “Libera” e probabilmente stroncato da questa etichetta, non riusciva a portare in scena le sue sceneggiature complesse, sempre al limite del surreale. “Muller ha insistito tanto per portarmi a Venezia, quindi la leggerezza del film evidentemente non è piaciuta solo a me”. Cosi è se vi pare. Infine un commosso minuto di silenzio ha accolto il documentario “ThyssenKrupp blues” di Monica Repetto e Pietro Balla che inizia con l'esclamazione del protagonista Carlo Marrapodi: “Io sono operaio. Operaio meccanico”, uno dei supersiti della tragedia, reso famoso dalle telecamere di una televisione sempre più invadente. Diviso in tre parti, Carlo cassaintegrato pedinato dalla camera, Carlo in riflessione mentre racconta la tragedia, Carlo mentre ritrova o prova a trovare le sue radici in quella sua Calabria che dopo sei anni sembra quasi averlo dimenticato. Non resta che ricordare l'appuntamento di sabato 6 alle ore 19.00, quando la madrina Xsenia Rappoport, nella splendida Sala Grande veneziana, svelerà i vincitori, conducendo la cerimonia di chiusura della 65° edizione della Mostra d'Arte Cinematografica. |
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