La nebbia si è diradata all’alba, portando via con sé ogni cattivo pensiero. Questa sessantacinquesima Mostra ha un programma poco appariscente, ma che emerge ogni giorno dietro i (pochi) nomi altisonanti ed un concorso di livello mediobasso. Per il secondo giorno consecutivo un regista che ha calcato la passerella della scorsa edizione della Festa di Roma si presenta a Venezia in una sezione collaterale con un documentario sul mondo del lavoro: ieri “Un paese diverso” di Silvio Soldini, sulle coop; oggi “La fabbrica dei tedeschi” di Mimmo Calopresti, sulla recente tragedia dei sette operai morti negli stabilimenti della Thyssenkrupp. Le parole di Calopresti in conferenza stampa vanno riportate: “Questo film è un urlo per sollecitare una legge seria che garantisca la sicurezza sui luoghi di lavoro. <…> Il problema è che il sindacato fa la politica nazionale, ma non possiamo lasciar morire la gente mentre ci concentriamo solo sul fatto che tra due anni ci sarà la ripresa”. La linea “Orizzonti” non cambierà: domani è in calendario la proiezione di “Thyssenkrupp Blues” di Pietro Balla e Monica Repetto.
L’attesa (il nome altisonante, il fumo etc) era tutta per Adriano Celentano, al Lido per accompagnare la versione restaurata di “Yuppi Du”: non sono mancati i momenti profondi, con riflessioni non banali su quello che, prevedibilmente o forse non troppo, è il tema del momento – le morti bianche. Parla a ruota libera il molleggiato, e tra un’osservazione, un silenzio e l’altro ci scappa anche qualche complimento per una pellicola che nel 1975 la critica non aveva accolto con altrettanta benevolenza… la patina del tempo si è incrostata donando una nuova luce sul musical di Adriano, patina che per sua fortuna ha resistito anche al restauro.
In tema di concorso – ma siamo ad un festival, dovrebbe essere il primo argomento per importanza – luci ed ombre, deboli le une quanto le altre: mentre l’algerino Tariq Teguia presenta “Inland”, Kathryn Bigelow entra in scena, con ben altre attenzioni, con “The Hurt Locker”, tra i pochi film veneziani ad aver già trovato una distribuzione italiana. L’ambientazione è quanto mai attuale: la guerra irachena, gli attacchi kamikaze. La guerra e la spettacolarità cinematografica, un connubio lungo un secolo: la Bigelow sottolinea come ogni guerra sia inutile, ma allo stesso tempo molto, molto reale. Una droga.
A proposito di droghe, domani assisteremo all’ultima follia di Darren Aronofsky, “The Wrestler”, sui problemi di Randy “The Ram” Robinson venti anni dopo essere sceso dal ring; sempre in concorso, in contemporanea con l’uscita nelle sale italiane, sarà proiettato l’ultimo dei quattro film italiani, “Il seme della discordia” di Pappi Corsicato. E poi, poi sarà la volta del Leone d’oro e del sipario, che a differenza della nebbia di ieri sabato calerà definitivamente sull’edizione numero sessantacinque del Festival di Venezia. |
