Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Venezia 2008 02/09: digestione da cani

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a cura di Glauco Almonte
La prima parte della settima giornata del festival è un’appendice della giornata precedente, un attimo di respiro e di riflessione, magari un po’ di campanilismo in una giornata che, dopo il weekend lungo passato, non vede film italiani in vetrina. Stampa e pubblico (quel poco che si può incrociare nella difficile sovrapposizione di due programmi sfalsati, quello delle anteprime stampa e quello delle prime visioni) si lasciano coinvolgere a più riprese dalle discussioni sul film di Marco Bechis, “La terra degli uomini rossi”; i motivi sono semplici: è italiano (e mai come in questo momento il patriottismo italico va di moda, supportato anche dai buoni risultati ottenuti a Cannes proprio in campo cinematografico), è brasiliano (da questa primavera in poi sono usciti, uno dietro l’altro, almeno tre film di altro livello, osannati dalla critica e premiati dal pubblico), è impegnato e, allo stesso tempo, non fa soffrire lo spettatore. E si sa, quando la poltrona è comoda e il film non ci disturba siamo sempre bendisposti a parlarne bene anche se non l’abbiamo capito fino in fondo.
Gli uomini rossi non vengono da marte, e a guardarli un minimo non sono nemmeno un gran ché rossi: ma sono loro gli indiani di oggi, rinchiusi dai fazenderos nelle riserve da più di un secolo. Un gesto di sfida, più vicino all’orgogliosa rivendicazione che alla ribellione, su uno sfondo di inevitabile contaminazione, di studio, di interesse. Sorrisi, complimenti, e qualche foto veloce; veloce perché il red carpet è diventato, per il cast de “La terra degli uomini rossi”, una scala mobile che li ha spinti anzitempo in sala stampa per dare spazio alla passerella fuori programma di una giovane cortista d’eccezione: Natalie Portman, per la prima volta dietro la macchina da presa con “Eve”. Davanti alla macchina, Lauren Bacall e Ben Gazzara: i titoli sono assicurati, a prescindere dal valore dell’opera.
Finito il quarto cappuccino e in attesa dell’aperitivo, non è stato possibile ignorare l’arco già ampio descritto dal sole nel terso cielo veneziano. Occhio al programma, allora, che ci dice del russo “Paper Soldier” di Aleksey German jr., autore che Venezia ha già incontrato qualche anno fa con “Garpastum”, a lungo applaudito. Il suo soldato di carta ci porta in Kazakistan, a metà del secolo scorso: il programma spaziale russo non c’è più, ma la patina del tempo non ha affatto ricoperto quelle atmosfere. In Etiopia ci porta invece Haile Gerima, autore di”Teza”: dal regime comunista a quello marxista nel quale si muove un giovane studente appena rientrato dalla Germania, tra speranze e sgomento. C’è un regime dai due volti: quello cupo attuale, ma anche il riflesso di una lotta che ha portato alla liberazione dall’invasione italiana, di una rivoluzione foriera di speranze, deluse dal tempo.
La digestione ha avuto il suo corso appena in tempo prima che “Nuit de chien” riuscisse a bloccarla: il film di Werner Schroeter è duro, violento, e chi si è seduto a tavola troppo tardi ha chiuso gli occhi – non tanto per non vedere, ma per dormire. Se del critico non è proprio l’uscire dalla sala, dello spettatore, almeno ai festival, lo è: non si può ignorare la freddezza con la quale è stato accolto, anche se è facile sentirsi punti sul vivo da questa notte da cani, dove l’onestà sfocia in violenza e il finto mondo ideale che presentiamo al prossimo viene meno. Ma è un film che va visto, non fosse altro perché quello del cinema tedesco di oggi è un vero e proprio movimento, del quale i giornali di oggi non possono afferrare la portata, cosa che faranno i libri di domani: Werner Schroeter è un fantasma venuto dal passato, da un movimento già codificato e analizzato. Forse è soltanto uno zombie, e per questo fa notizia. Forse riesce davvero a dire qualcosa, al di là di quel che i critici di oggi cercheranno di fargli dire sui giornali di domani.
Decisamente più digeribile il “Pranzo di ferragosto” di Gianni Di Gregorio: lo chef è alle prime armi, ma l’anfitrione ha un nome che ormai nessuno può permettersi di ignorare, Matteo Garrone. Il sonno post-prandiale non è pesante, la giornata è quasi finita e non è stata affatto dura.
 » DIRETTA
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