Chiarisco il mio commento precedente, troppo semplicistico: il parallelo tra le due opere secondo me esiste, perche entrambe trattano il disfacimento delle nuove generazioni, abbindolate dai modelli sbagliati. Detto questo, le sfumature e le differenze sono moltissime. Spring Breakers si sofferma sulla mancanza di aspirazioni delle sue spensierate protagoniste, indifendibili irresponsabili cresciute col mito dello sballo perfetto e infinito. Bling Ring invece è esplicitamente focalizzato sui sopra citati modelli sbagliati, idoli delle protagoniste, le quali non vogliono minimamente sudare per ottenere le posizioni dei loro idoli (parlo della Lohan ad esempio, non certo di Paris Hilton) ma semplicemente Apparire esattamente come loro.
Ho visto Bling Ring come un compitino, ben realizzato intendiamoci, e Spring Breakers come un’opera dall’IMPATTO (visivo ed emotivo, dritto alla nostra coscienza) quasi devastante. Per questo lo considero memorabile e molto più degno di nota.

Manca la scintilla in questo primo Pixar dichiaratamente dal respiro classico, lontano dalla poesia di Wall-E o dall'umorismo e dalla commozione adulta di Up, privo di quel tocco di pura genialità visiva, narrativa o contenutistica, che contraddistingueva i migliori lavori della casa di Lasseter. Tuttavia non si può dire che non sia un cartone intenso, scorrevole nella sua semplicità e quasi mai banale. Un prodotto old style disneyano fatto di buoni sentimenti, sorretto da una sceneggiatura tanto spedita quanto prevedibile, che coinvolge senza stupire.
Viva la Pixar, in tutte le sue forme.

Con uno stile molto moderno, la Universal si lancia nell’animazione, creando concorrenza a mostri come Pixar e Dreamworks. Nonostante i contenuti si facciano sempre più rassicuranti e telefonati col passare dei minuti (gag come quella del cane palloncino svaniscono pian piano) e quindi adatti ad un pubblico infantile, il risultato è più che sufficiente anche da un punto di vista maturo. Divertente e ritmato per tutta la sua durata, deve gran parte del suo successo agli ormai mitizzati Minions, che rubano costantemente la scena.
A malincuore boccio il doppiaggio di Max Giusti, incomparabile con l’originale Steve Carrell.

P.s. Personalmente ho preferito l’eccessivo e grottesco Spring Breakers, che, affrontando pressappoco gli stessi temi, mi aveva lasciato un segno indelebile.

Apparire. Ecco l’unica ragione di vita delle protagoniste di Bling Ring, che sottolinea la tremenda mancanza d’ideali una generazione culturalmente allo sbando, costantemente bombardata d’immagini, ostaggio di media e social network. Tutto questo è descritto in maniera esteticamente impeccabile, con un ritmo scorrevole e frenetico da videoclip. Purtroppo però la sceneggiatura, in passato vero punto di forza della regista, non sviluppa minimamente i personaggi, limitandosi a descriverne freddamente le azioni, senza osare praticamente nulla. Qualche critico ha elogiato una scelta di questo tipo riconducendola all’estremo realismo dell’opera, tratta, non dimentichiamolo, da una storia vera.
Traendo le somme definirei The Bling Ring un piacevole compitino che rende bene lo spirito estetico di questi anni, denunciandone pacatamente l’abuso da parte delle adolescenti.
Lost in Translation resta, secondo me, l’unico film della Coppola veramente degno di nota.

Mi trovo in sintonia con Diego e Hal9k. Considerato il contesto produttivo, era lecito aspettarsi un montaggio mozzafiato e brillanti sequenze d’azione, capaci di intrattenere abbondantemente lo spettatore come nei migliori blockbuster. Tuttavia a uno come Blomkamp non possiamo perdonare la totale mancanza di approfondimento sui temi trattati, decisamente approssimativi e sbrigativi. Il più classico esempio di regista originale e indipendente che viene inesorabilmente piegato alle logiche hollywoodiane. Certo, l’impronta si nota comunque (soprattutto nella prima parte) e serve a distanziarlo un minimo dalla miriade d’insulse baracconate che escono, ma non basta. Delusione.

L'ultimo Amenabar non ha fascino dal punto di vista estetico e manca di sfumature e dettagli tanto nei personaggi quanto nella storia, unidirezionale nel voler trasmettere il proprio messaggio.
Tuttavia i contenuti sono davvero nobili, perchè ci ricordano come l'oscurantismo religioso abbia rallentato enormemente i progressi scientifici e l'evoluzione umana (la scena della biblioteca è molto bella). Tanto basta per arrivare alla sufficienza.

Spring Breakers ha le fattezze di un videoclip montato magnificamente, con elementi soft porno e stracolmo di neon e musica a palla, ma nasconde un lato B molto più interessante. Il nuovo film di Harmony Korine, infatti, è un progetto che mostra come si possa parlare di temi serissimi attraverso una messa in scena ultrapop del tutto fuorviante. Resterà deluso chi andava in cerca dello stupido teen movie sulla festa che spacca e lo sballo.
Con le stesse armi di quello che si potrebbe socialmente definire ‘il nemico’, Korine svela il vuoto incolmabile delle giovani generazioni americane, che hanno come obiettivo l’assenza di qualunque responsabilità o dovere, una spensieratezza spinta agli estremi dell’annullamento personale. Questo vuoto è davvero allarmante, e si manifesta al meglio nel totale distacco dalla realtà delle protagoniste, che ragionano come fossero “in un film o un videogame”. Una critica feroce, che, come dimostrano i voti precedenti, divide il pubblico in maniera netta.

Come omaggio al cinema di una volta è ben riuscito. Ottimo cast, storia semplice e scorrevole (non concordo con Flavia sulle lentezze di troppo). Purtroppo si sente molto la mancanza di un azzardo che, senza snaturare completamente il vecchio Oz in chiave moderna, avrebbe potuto trasformare ''un solido intrattenimento per famiglie'' in qualcosa di più profondo e innovativo. Tutto molto bello, tutto troppo semplice.

Devo dire che il tuo commento è comprensibile. D'altronde non si può pensare di fare un film del genere senza attirare critiche feroci e disgustate. Ad ogni modo, non credo che questo film debba sviarti Diego, guardati Dogville e Dancer in the dark, potresti diventare più tenero nei confronti di Lars :) è un autore discusso e discutibile, che non ricade nelle mie grazie, ma considero in qualche modo importante.

Mi inchino dinnanzi alla maestria di Von Trier e alla clamorosa prova dei due attori, ma devo ammettere che ho faticato a finirlo. In ogni caso, è uno dei film più penetranti che io ricordi. Difficile da giudicare, difficile da dimenticare.

E' vero, l'adattamento ha fornito maggiore equilibrio e leggerezza alla storia. Tuttavia, a mio parere, è stato un errore rinunciare completamente alle profonde riflessioni di Renee (e della stesssa Paloma!), croce e delizia del libro. Buona interpretazione del cast e belle musiche, considerate le difficoltà che spesso si incontrano nel trasporre romanzi in pellicole, si può definire un'operazione nel complesso ben riuscita.