Il film e' di quelli non memorabili, che vengono realizzati per trascinare per un'ora e mezza il pubblico fino alla fine, senza annoiare. Limitless riesce in questi intenti, ma ha dalla sua anche un'idea originale e decisamente "fantascientifica" in un contesto reale: cosa succederebbe se un fallito inizia a prendere una pillola che porta al 100 per cento l'attivita' del suo cervello? Sostenuto dalla performance e dall'ironia di Cooper e da un forsennato montaggio, il film di Burger tiene ben svegli senza pero' lasciare davvero il segno. Sprecato DeNiro in un ruolo secondario.

Scorsese trasporta lo spettatore nella lucente America degli anni 30 e 50, tra feste, abiti gessati, macchine enormi e luci sgargianti. La storia del miliardario Howard Hughes e' un filmone di quasi 3 ore che pero' il regista grazie a un montaggio ben orchestrato, a una giusta colonna sonora, alle sfavillanti scenografie, alla bella fotografia e a una regia vibrante e virtuosa, riesce a non annoiare mai. Malgrado la sceneggiatura sia abbastanza dettagliata non riesce pero' a districarsi dalla solita voglia di rendere il suo protagonista un eroe, mostrandone i lati prevalentemente positivi anche se risultano molto interessanti le sequenze sulla realizzazione di Angeli dell'Inferno e quelle sulle fobie ossessive-compulsive di Hughes. Eccellente e sentita la prova di DiCaprio, felicemente gigionesca la Hepburn della Blanchett.

Una commedia di inseguimenti, truffe colossali e destini imprevedibili al ritmo jazz nell'America anni 60. Spielberg realizza uno dei suoi lavori migliori, capace di mescolare nella giusta dose comicita' e dramma aiutato da una sceneggiatura senza sbavature tratta dall'incredibile storia vera del truffatore Frank Abagnale jr., che passa dall'essere un falso pilota PanAm a un incapace dottore, da insegnante a 007 senza riuscire a fermarsi. Il protagonista e' interpretato da DiCaprio in quella che forse e' la sua prova piu' brillante, tallonato da un Hanks bravo come al solito senza dimenticare un magistrale Walken, che giganteggia nei pochi minuti in cui appare (avrebbe meritato un secondo Oscar). Prova a Prendermi e' perfetto in ogni particolare a partire dai bellissimi titoli di testa accompagnati dal jazz di John Williams.

Un elettricista si ferma davanti alle sbarre ferroviarie. All'improvviso, tutto trema: la macchina,le cassette della posta,il semaforo. Una luce dall'alto lo investe e gli ustiona la pelle. Sopra la sua auto, vortica un'astronave aliena. E' questa l'immagine indelebile del capolavoro di Spielberg. Il film stupisce lo spettatore in ogni singola inquadratura sia per la bellezza visiva (le luci, il cielo, le sequenze nel deserto),sia per le invenzioni narrative (la pazzia ossessiva del protagonista, il rapimento del bambino,la montagna) in un crescendo di emozioni che culmina nello spettacolare finale sulla Torre del Diavolo. A John Williams bastano cinque note per riassumere la meraviglia, il mistero e anche la paura di un film diventato un classico.

Nella traversata di un gruppo di mandriani tra i deserti e i fiumi del Kansas si accende il malcontento, la rabbia e l'odio tra uomini. Hawks realizza un western meno classico, diverso per contenuti e significati dai film sulla frontiera di Ford, con personaggi ambigui e mutevoli (come il padrone Dunson che nel corso del viaggio comincia ad odiare l'orfano che considerava come un figlio) tutt'altro che buoni e coraggiosi, incentrato sul male che evince nei paesaggi incontaminati del west. E' da vedere specie per John Wayne in un ruolo difficile e inedito, affiancato dal giovane Clift e dal miglior caratterista del genere Walter Brennan.

Praticamente Stallone parla per soli due minuti, prima dei titoli di testa. Poi si chiude la bocca, si mette la canotta, il coltellazzo, la bandana e il mitraglione. Poi va nella giungla e ammazza tutti. Rambo 2 e' un kolossal dell'action e dell'incoerenza, in cui il protagonista diventa un eroe solo contro il mondo. Indistruttibile, impassibile, senza pieta', ma bisogna ammettere che tralasciando trama e sviluppi psicologici il film diverte. E tanto. Anche grazie al ritmo instancabile e alle ottime sequenze d'azione. Rispetto al primo episodio, sembra quasi che Stallone sia triplicato come prestanza muscolare e dimezzato come espressioni facciali.

Dopo Rocky, Stallone da' anima e corpo (piu' corpo) ad un personaggio chiave del cinema action anni '80. John Rambo non e' un personaggio cosi' scontato: e' un reduce dal Vietnam segnato dalle atrocita' della guerra e trattato con disgusto da una cittadina che non lo accetta. Il nostro eroe diventa un anti-eroe, un combattente solitario pronto a tutto pur di sopravvivere. E cosi' il suo ritorno dal Vietnam lo portera' a un'altra guerra: contro l'America.Un film cupo e travolgente che appassiona per le spettacolari scene d'azione e per il carisma del protagonista.

La parola che trovo piu' appropriata nel descrivere quest'opera e' "pesante". Lincoln e' un film pesante per la durata, per la valanga di nomi, date ed eventi che, per chi ha poca dimestichezza con la storia americana, fatica a seguire, per il ritmo lento sostenuto da una sceneggiatura studiata e di ferro forse eccessivamente verbosa. Ma Lincoln e' pesante anche per la sua importanza, per la bellezza delle immagini, delle scenografie, per l'atmosfera da vecchio film classico, per la magnifica prova di Daniel Day Lewis. Di sicuro un gran film che ricorda i vecchi biopic di John Ford o di David Lean. E' giusto che sia Spielberg, il piu' "americano" dei registi, a filmare uno dei fondamentali passaggi della storia americana.

Dopo un grande incipit, sulla nascita del "mito" di Indiana (e del suo inseparabile cappello), il terzo film delle avventure dell'archeologo ritrova il ritmo, la suspence e l'originalita' del primo episodio. In quest'avventura Indiana passa dalle catacombe di Venezia in un castello austriaco, dalla Germania (dove Hitler gli fa un'autografo) al tempio di Alessandretta, in una lunga sequenza finale geniale e da applauso. Quello che rende L'Ultima Crociata cosi' divertente e riuscito (a parer mio, il migliore della serie) e' la sua inarrestabile forza visiva e le sue trovate, che spaziano dalla commedia a scene d'azione mozzafiato (quella con i carri armati). E poi Connery, in perfetta alchimia con Ford,in una straordinaria prova autoironica. In effetti, sembra proprio che James Bond sia il padre giusto per Indiana Jones.

Non capisco perche' tanta negativita' nel commentare questo film. The Grey punta al puro intrattenimento, tralasciando la coerenza e la perfezione narrativa. Chi crede di assistere al classico action sulle nevi si sbaglia: The Grey e' la storia di una cruda sopravvivenza, destinata al massacro dei superstiti dopo un'incidente aereo. Gli sfortunati devono vedersela, oltre che con i lupi, contro il freddo, la fame e la pazzia. Ben costruita la tensione, la fotografia e l'atmosfera che fa quasi provare freddo allo spettatore, oltre a un'ottima performance di Neeson. Malgrado qualche stereotipo (lo spaccone nel gruppo, i flashback sulla vita serena dei disperati) rimane un bel film che riesce nel suo obbiettivo: intrattenere.

Stavolta il nostro impavido (e inespressivo) Perseo deve salvare il papa' Zeus, rapito dallo zio Ade e dal fratello Ares, tenuto prigioniero all'inferno cosicché Crono (il nonno) possa resuscitare dagli inferi come un gigante di lava che sbraita e uccide tutto e tutti. Nell'impresa lo aiuta il cugino Agenore,figlio di Poseidone (lo zione di Perseo), che qui ha la parte della spalla comica. Piu' che un film d'azione, un'anomala riunione di famiglia tra divinita' depresse e semidei in crisi esistenziale. Si lascia guardare ma per quanto riguarda trama e originalita' bisogna pregare gli dei.

Il mondo della cucina e' stato di rado preso in considerazione dal cinema. Figurarsi da quello d'animazione. Invece Ratatouille e' una delle punte di diamante della Pixar. Il film di Bird mischia il classico film Disney (l'umanizzazione degli animali protagonisti) con una scatenata commedia ambientando la storia tra i muri di un ristorante. Un ritmo indiavolato, personaggi azzeccati e una sceneggiatura ironica e spigliata ne fanno una vera e propria goduria sia per i piccoli che per i grandi. Bellissime le sequenze in cucina, dove grazie alle musiche, alla simpatia dei protagonisti, ai colori, al sonoro e all'esemplare animazione pare quasi di sentire gli odori dei cibi, il vapore delle minestre, la croccantezza del pane e il profumo dei piatti.

Un Tarantino meno tarantiniano del solito, piu' vicino al thriller di classe anni 60, ai polar francesi, alle atmosfere hard-boiled di Chandler, Bunker o Higgins (da cui ha preso il titolo, nome di un personaggio di Gli amici di Eddie Coyle) e naturalmente a Elmore Leonard, cui si ispira per concepire l'unico suo film adattato da un romanzo. Citazioni a iosa, una buona dose di umorismo e una sottile tensione, specie nella bellissima sequenza dei grandi magazzini, giocata interamente sul punto di vista dei vari protagonisti. Personaggi che ironicamente sono tutti dei caratteristi, con le solite battute esilaranti, interpretati da un gran cast su cui svettano una Pam Grier perfettamente inserita, il sociopatico Ordell di Jackson e Foster, che ricorda la malinconia e la solitudine di Bogart e Glenn Ford. Non per tutti i gusti, con qualche minuto di troppo, ma resta un gioiello grezzo fatto di puro intrattenimento, destinato ad essere ricordato come il film piu' "classico" di Tarantino.

Arrivati al terzo episodio, ci si aspetta un po' di maturita', qualche trovata originale, qualche svolta nei personaggi e nella trama (come mi aspettavo,vedendo il trailer).In Iron Man 3 la formula e' sempre la stessa dei precedenti capitoli: una prima ora da commedia e una seconda di lotte, esplosioni e il solito tripudio di effetti speciali. Non c'e' niente che possa sorprendere il pubblico,dato che i dialoghi e gli eventi sono praticamente uguali ai classici film targati Marvel ed e' talmente prevedibile, talmente scontato negli sviluppi che a volte ci si annoia. L'unica trovata e' lo sdoppiamento in piu' parti dell'armatura ma viene abusato per tutta la durata. Qualche bel momento,battute azzeccate e un Kingsley sprecato. Ideale per una serata in compagnia, ma mi aspettavo qualcosa in più'.

Un livello di videogame tirato per le lunghe o un'interminabile partita di softair tra Marines e una flotta di alieni emersi dalle acque. La scusa della camera a mano (a mo' di The Hurt Locker e Cloverfield) vuole ricreare realismo nelle imprese dei disperati soldati, ma il film e' prevedibile fin dalla comparsa del titolo e scontato nell'evolversi della trama (sparatoria nel corridoio, sparatoria nella strada, sparatoria sul ponte e oh! sparatoria in un altra strada). Uno misto fatto di Call of Duty, Discrict 9 e i documentari sui marine, con una tecnica copiata, zero tensione e azione scadente. Insomma, vedere World Invasion non cambia la vita. Solo la accorcia di due ore.

Basta quel tema musicale (che abbiamo fischiettato tutti) per ricordare ogni scena di questo intramontabile gioiello. Il primo Indiana Jones e' una giostra infinita di azione, suspence e di puro intrattenimento, in cui Spielberg (con il produttore George Lucas) rende omaggio ai serial anni 30 e al tempo stesso riscrive il significato di avventura cinematografica. Con un Ford perfetto nei panni dell'archeologo con frusta e Borsalino, il regista trasporta il pubblico in una corsa mozzafiato che non molla e non annoia mai, anche dopo diverse visioni.

Come nella maggior parte della sua filmografia, il punto cardine di A.I. e' il tema dell'infanzia e dello scontro tra il mondo degli adolescenti e quello degli adulti. Il film e' praticamente la favola di Pinocchio trasportata in un futuro all'apparenza "perfetto" e pulito, con colori e scenografie che ricordano una superficie di brillante alluminio. Ma il viaggio del protagonista e' una serie di disavventure nel mondo esterno: repellente, maleodorante, simile a un'enorme discarica. Doveva dirigerlo Kubrick e infatti Spielberg, specie nei primi (strazianti) minuti,replica la tecnica del grande regista scomparso con freddezza e lucidita'. Una favola del futuro bella,toccante e ottimamente interpretata (specie dal piccolo Osment).

Il "Braveheart de'noatri": un minestrone vomitevole di scenografie di cartapesta, effettacci speciali da videogame preistorico, musichette da baraccone di paese plagiate da Il Gladiatore e ridicole battaglie come non se ne vedevano dai tempi dei Macistoni di Tanio Boccia, per non parlate degli attori, a cominciare dal bastonato Raz D'UnCan, all'oscuro di cosa significa recitare. Se Martinelli e' la risposta italiana a Ridley Scott al genere storico, tanto vale dire che Tinto Brass e' il Bergman del fondoschiena. Visto in classe come "lezione di storia", e' servito solo per saltare due ore di italiano(che ora rimpiango).Dodici milioni spesi (di cui piu' di un milione pubblici) e meno di un milione tirato incassato.Praticamente, nemmeno chi lo ha realizzato ha avuto il coraggio di rivederlo,questo obbrobrio.

Sono davvero interessanti e innovativi i primi venti minuti, che mostrano (in modo sintetico ma azzeccato) la genesi del supereroe e della sua armatura. Per il resto, Iron Man e' il classico Marvel movie, con il supereroe pieno di super-problemi che combatte il cattivo, con una storia d'amore sullo sfondo. Ma il film di Favreau e' migliore rispetto agli analoghi prodotti non per gli effetti speciali ne per i personaggi. Il suo punto di forza e' l'attore protagonista:Downey Jr. Fa del suo Tony Stark un arrogante bastardo, un presuntuoso e sarcastico miliardario, insomma l'ultima persona che deve salvare il mondo. Tra (auto)ironia e una innata simpatia, e' lui il vero motivo per vedere il film.

Ormai e' un classico e cio' significa che, nel bene e nel male, Titanic e' entrato nella storia della settima arte. Ho letto molte critiche discordanti sul film, tra chi lo considera un kolossal senz'anima o chi si e' innamorato di quest'opera monumentale. Il film, comunque, non puo' non piacere: c'e' un contesto storico attendibile, una struggente (forse un po' laccata) storia d'amore tra due ragazzi di ceti opposti, azione, suspence e tragedia. Un film colossale, i cui effetti speciali e grandiosita' ancora oggi colpiscono, con la lunga scena mozzafiato dell'affondamento, una sequenza d'antologia che porta lo spettatore sul transatlantico e lo fa soffocare dalla tensione. A Cameron va il merito di aver creato qualcosa si' di imponente (e furba) ma che affascina e incanta ad ogni visione grazie anche alle melodrammatiche musiche di James Horner.

La prima parte e' stupenda: le immagini della metropoli deserta e infestata dalla vegetazione, le macchine ferme da anni,l'unico uomo rimasto in vita dopo un'epidemia e un'orda di zombi voraci e veloci. Il tutto e' suggestivo e spettacolare e il regista costruisce una palpabile tensione narrativa, anche grazie all'ottima prova di Smith. Dalla seconda parte, pero', il ritmo cala e le sorprese sono prevedibili, come il finale. Rimane comunque un riuscito blockbuster diverso dai soliti giocattoloni di hollywood, che mischia abilmente azione e atmosfera da horror.

La vita vista attraverso gli occhi di Forrest Gump, un uomo con la mente di un bambino di 10 anni che, malgrado le lacune mentali, assapora piu' di tutti il significato della parola "vivere".Zemeckis trasporta il pubblico in una storia di un'esistenza incredibile e straordinaria, che spazia dal football alla guerra in Vietnam, dalla pesca dei gamberetti al ping pong. Una storia cosi' bella e fantasiosa, a dir poco epica, ma raccontata semplicemente, attraverso le piccole cose, con un gigantesco Tom Hanks (doppiato benissimo da Pannofino) e la musica di Alan Silvestri in un film che, dopo ogni visione, lascia commossi e, per una volta, di buon umore.

Visto da un grande puo' apparire assurdo e non interessante, ma incanta i piu' piccoli per quell'atmosfera surreale e comica, quell'inno all'infanzia che Benigni ricerca in ogni film (da Il piccolo diavolo a La vita e' bella) e che in questo ha esaltato forse all'esagerazione. Il regista si ispira a Fellini (le scene e i costumi di Danilo Donati), cosa evidente nel paese dei balocchi, e agli sketch classici (il gatto e la volpe dei Fichi d'India) piuttosto che al racconto di Collodi prendendosi molte liberta' sulle vicende del burattino, lontano dal cartone Disney e dalle puntate di Comencini. Quello che ne esce e' una visione patinata e poetica, diversa ma non proprio eccellente, in cui il comico toscano si lascia andare a un'eccessivo sfogo di protagonismo. Bellissime scenografie, fotografia (di Dante Spinotti) e perfetta la colonna sonora di Piovani.

Riportare in auge la moda di Tron non e' cosa facile ma Kosinski, alla prima opera cinematografica, dimostra di sapere sia le regole del puro intrattenimento sia come incantare lo spettatore con immagini e sequenze di rara bellezza. La trama e' poca cosa cosi' come lo spessore dei singoli personaggi e dopo una prima parte suggestiva si lascia andare ai soliti cliche' degli action. Colpisce per la lucida fotografia (di Claudio Miranda) che gioca coi neon e i laser, le scenografie e i mezzi futuristici (simili a prototipi anni 90), gli stupendi effetti speciali e la perfetta colonna sonora dei Draft Punk. Diverte e intrattiene, con qualche scivolone, ma e' comunque una buona rivisitazione di un cult degli anni 80.

Parlare di The Truman Show e' sempre difficile. Benché' l'abbia visto tante volte, quando qualcuno mi chiede spiegazioni all'improvviso mi accorgo di essere impreparato. E' uno di quei film che, visti la prima volta, lasciano a bocca aperta per lo stupore e per l'incomprensione, mentre alla seconda visione lo spettatore rimane davvero spiazzato. Alternando fiction e riprese delle microcamere inserite in ogni angolo del "finto mondo", Weir rende lo spettatore uno dei tanti fan di Truman e trasforma il piccolo schermo in una gabbia di giochi violenti e immorali, non distante dalla realta'. Un Grande Fratello ancora piu' negativo e pessimista, una storia a tratti ironica e a tratti inquietante. La regia di Weir calibra alla perfezione un film perfetto e Carrey si misura in una prova difficile e ne esce vittorioso.