Cannes 2007 25/05: rumori di fondo
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Fa rumore la presenza-assenza di Sokurov. Alle 8.30 di un giovedì mattina irrompe in un concorso straordinario “Alexandra”. E come accade ormai ogni giorno, bisogna metter mano all’inutile lista dei favoriti per la Palma d’oro. “Alexandra” è un film sulla guerra, nonostante la smentita del regista; è un film su una guerra nascosta alla cinepresa ma presente negli occhi, nei gesti, nella vita dei protagonisti. Alexandra è una vecchia signora che va a far visita al nipote, ufficiale russo momentaneamente a riposo, ferito. A Grozny, in Cecenia. Sokurov è il primo a girare in loco un film sul conflitto ceceno: conflitto che non si vede, ma appare con tutta la sua forza nelle parole di nonna Alexandra, nel suo stupore di fronte a dei nemici così simili, tra loro, da palesare l’insensatezza di quanto abitualmente succede in buona parte del mondo. Il regista (e sceneggiatore) non vuole però rappresentare un conflitto del quale i russi chissà per quanto tempo non riusciranno a parlare: nonna e nipote, i loro silenzi e i rumori di fondo compongono un mosaico di un’intensità pazzesca, pazzesca come l’unica soluzione che viene proposta – la pace. “L’unica soluzione per porre fine a questa lotta fratricida è ritrovare una via pacifica”, confermava Sokurov qualche giorno fa, prima di aggiungere “la cosa purtroppo più difficile nella Cecenia di oggi”. Fratricida, via pacifica, difficile: c’è una logica ferrea e abominevole nella consequenzialità di questi concetti. Non c’è violenza sullo schermo, ufficialmente perché non è un film sulla guerra: in realtà perché la guerra non è violenza, o lo è solo di riflesso. Questa guerra è uno stato d’animo, un volto scavato, due fratelli che non si riconoscono per tali. Al termine della proiezione il pubblico si lascia andare ad un applauso convinto, di approvazione ma anche liberatorio. Ma c’è anche chi rumoreggia: non è il film che viene contestato, ma il regista, in virtù del suo forfait dell’ultimo minuto. Ragioni di salute gli fanno disertare il festival. Ragioni di Stato, nate poche ore dopo l’annuncio del documentario-choc su Livtinenko. Sokurov si schiera con Putin: scelta biasimevole, d’accordo, ma sono così tanti i contestatori (artisti e non) costretti a girare alla larga dalla Russia per ‘motivi di salute’ che questa scelta può bonariamente ricollegarsi all’inno alla vita che ci ha appena regalato. L’ambiente è ancora scosso quando viene presentato “Secret Sunshine”: Lee Chang-dong, per fortuna, ci catapulta in un altro mondo – che bella cosa, il cinematografo. Non ci fa sorridere, merce rara nei festival più importanti, ma ci regala un altro piccolo gioiello, l’ennesimo di questa festa per i sessant’anni. Da Seoul a Milyang, dalla città a un paese, dalla famiglia alla solitudine: Shin-ae Lee è un’insegnante di pianoforte, appena rimasta vedova. Con suo figlio si trasferisce, entrando a contatto con nuove esistenze, nuove solitudini, nuove necessità. La fede può risolvere. La fede non risolve. C’è una disperazione profonda nel racconto di Lee Chang-dong, e allo stesso tempo un romanticismo di fondo che non lo abbandona mai. Un altro film sul quale, in un festival diverso da questo, avremmo potuto scommettere tranquillamente. Quella odierna si può forse definire, almeno nelle aspettative, la giornata più fiacca: aspettando Kusturica e il film su Livtinenko, entrano in concorso Catherine Breillat con “Une veille maîtresse” e James Gray con “We own the night”. Quello che ci vuole per ammortizzare le emozioni di ieri e il ciclooney. Già, perché mentre il concorso proponeva “Alexandra” e “Secret Sunshine”, fotografi e carta stampata erano tutti per King George e la sua banda di ladri, dediti alle passerelle sulla crocetta, alle interviste, ma anche ad una cena di beneficenza nella quale Clooney ha messo all’asta un bacio, che una splendida signora (la moglie del produttore del film) si aggiudica per 350mila dollari. L’uomo più sexy del mondo potrebbe aver trovato un’attività meno stressante e più remunerativa che girare film... ma c’è da scommettere che preferirà la macchina da presa: “Ocean’s fourteen” non si farà, ha dichiarato. Ne aspettiamo l’uscita entro un paio d’anni. |
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