Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Intervista: Eric Besnard

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Esce il 5 giugno nelle sale italiane "Cash", commedia d'azione del francese Eric Besnard. Al centro della scena un truffatore leggendario, un giovane emergente, un'ispettrice che non segue regole e tanti diamanti.
Spiccano nel cast Jean Reno e la nostra Valeria Golino nel ruolo dell'ispettrice. "Cash" è distribuito da Moviemax che ha fornito alla stampa un'intervista col regista realizzata prima dell'uscita del film, della quale riportiamo un estratto.
Intervista Eric Besnard: Domanda 1Dopo otto anni e numerose sceneggiature torna alla regia, cosa ha motivato la sua decisione?
Dopo il mio primo film, ho scritto molto ed ho vissuto due o tre tentativi di regia non riusciti. Ogni volta bisogna digerire il fallimento. Tutti questi progetti, però, mi hanno permesso di incontrare molte persone e mi è servito molto per "Ca$h".
Ho potuto incontrare attori come Valeria Golino e Clovis Cornillac, questo ci ha fatto guadagnare moltissimo tempo quando li ho ricontattati.
Intervista Eric Besnard: Domanda 2Come è nata la storia di "Ca$h"?
Scrivo sempre partendo dal punto di vista dello spettatore, perché il cinema mi accompagna da quando sono ragazzino.
Quando ho scritto "Le convoyeur con Nicolas Boukhrief, l’ho fatto con il ricordo di certe polarizzazioni sociali costruite sulla scoperta di luoghi poco comuni, come quelli analizzati Paul Schrader. Anche per "Le nouveau protocole" l’idea era di ritrovare un certo cinema impegnato, come quello degli anni Settanta. Questo è il mio metodo. Ho dei legami affettivi e cerco di ritrovare sensazioni d’infanzia generate dai film.
In ogni sceneggiatura corro dietro a queste emozioni. Non cerco di riprodurre le sceneggiature di questi film ma le forme di “risveglio”, questi piccoli piaceri. La mia principale motivazione a scrivere è cercare di riprodurre questo tipo di piacere. Ciò non vuol dire che ci riesca sempre.
Per "Ca$h" volevo ritrovare le sensazioni provate guardando un certo tipo di cinema della fine degli anni Sessanta. Il cinema precedente allo choc petrolifero, un cinema dove i personaggi erano allo stesso tempo intelligenti e leggeri.
Ho scritto senza produttore, ma avevo dei punti fermi: nessuna violenza, eleganza e soprattutto una fine all’altezza delle promesse. Sono quindi partito dal finale, dicendomi che se mi lanciavo in questo film, la conclusione doveva assolutamente essere degna della suspense. È stata la mia ossessione sin dall’inizio, solo in seguito ho lavorato alla meccanica.
Intervista Eric Besnard: Domanda 3Come ha costruito la trama?
Generalmente, prendo delle note su un quaderno, poi faccio un’elaborazione per me, una quarantina di pagine sulla trama e i personaggi.
Lo schema di questo film è arrivato velocemente ed in modo spontaneo. In seguito, ho lavorato alla sceneggiatura. Mi sono documentato sui truffatori per vedere se potevo inspirarmi a dei classici, delle “scuole” per truffatori. Ho trovato due o tre truffatori di riferimento che sono citati nel film, ma la trama non si basa su questo. In mancanza di una scuola per truffatori, mi ha confortato l’idea che si trattava di un mestiere! Una professione che ha i suoi maestri, i suoi codici, il suo gergo. Una professione i cui rappresentanti hanno tutti un punto in comune, un grande complesso di superiorità perché per definizione il truffatore si crede più intelligente del pollo, e in generale ha ragione.
Mi è venuta, quindi, l’idea di confrontare più truffatori. Se ognuno si crede più intelligente dell’altro e vuole provarlo, si ha da subito un forte movimento. Tanto che alla fine ci sarà sempre un pollo.
Quando ho cominciato, il mio personaggio principale era un giovane truffatore di strada che si innamora di una ragazza mentre è, più o meno, sotto il mirino della polizia. Il suo futuro suocero chiede di seguirlo per ventiquattro ore prima di concedergli la mano di sua figlia. La premessa funzionava ma mi conduceva verso una pura commedia, e questo non corrispondeva a quello che
volevo fare. Cercavo qualcosa che fosse allo stesso tempo più sofisticato e scoppiettante. Partendo da questo punto, ho arricchito la trama, rialzato la posta in gioco. Ogni manipolazione doveva poterne nascondere un’altra. Il problema era di non imbrogliare mai, di restare coerente. Ogni scena doveva funzionare in quanto tale, ma anche alla luce del finale, quando le maschere sono cadute.
Intervista Eric Besnard: Domanda 4Come ha scelto i suoi attori?
Ad eccezione di François, mi sono vietato di pensare a chiunque mentre scrivevo. Non sapevo se la sceneggiatura poteva interessare un produttore e ancor meno se mi avrebbero permesso di metterlo in scena. Inutile farsi del male. Comunque, Clovis Cornillac l’ho individuato molto presto. Avevamo appena concluso "Nouveau protocole", che ho scritto dopo una sua richiesta, e avevamo voglia di lavorare insieme. Lui è stato molto elegante nell’accettare un ruolo breve ma essenziale.
Jean Dujardin lo conoscevo da "Le convoyeur". Questo ci aveva permesso di rimanere in contatto. Dopo aver letto la sceneggiatura, ha velocemente accettato il ruolo ed il suo impegno ha, da subito, dato un’altra ampiezza al progetto. Quando si ha Jean sul set, tutto va meglio. Io non osavo nemmeno pensare a Jean Reno ma il mio produttore, Patrice Ledoux, aveva già fatto alcuni film con lui. È stato come se mi avessero proposto John Wayne! Un giorno, Jean Reno è entrato nel mio ufficio e abbiamo parlato per cinque minuti. Il giorno dopo ha detto che avrebbe recitato nel film, seguendo l’istinto!
Riguardo ai ruoli femminili, c’era un equilibrio da trovare. Alice si è imposta immediatamente. Era necessario trovare un’attrice credibile in tutti i passaggi della parte. Credibile e splendida. Il suo fisico doveva fungere da barriera di fumo per meglio dissimulare il suo gusto per il rischio e la sua intelligenza. È una giocatrice. Parlo di Garance, ma potrei dire la stessa cosa di Alice.
Restava Julia Molina, il personaggio più difficile da assegnare, al punto da arrivare a fare delle prove. Per fortuna, mi azzardo a dire, le prove con Valeria sono andate male. Non era una buona giornata e ci fu un malinteso. Avevo deciso di dare la parte ad un’altra attrice ma lei è tornata da Roma ed abbiamo avuto una lunga conversazione. Dopo di che sono stato sicuro che fosse lei quella giusta. Credo che senza questo malinteso (senza la prova fallita), non avremmo avuto questo riavvicinamento, questo legame. Da quel momento, tutto è stato magico!
Gli altri sono tutti attori con cui avevo voglia di lavorare. Ma ce n’era uno che non conoscevo, è stata un’idea della direttrice del casting: Ciaràn Hinds, e posso ringraziarla perché si tratta di un signore! Tutti gli attori avevano in comune un certo charme, un fascino che ha originato lo spirito del film.
Intervista Eric Besnard: Domanda 5Ha avuto la tentazione di dare ai suoi attori solo la parte della sceneggiatura che li riguardava o conoscevano l’intero racconto? Sapevano tutti quale storia stavano raccontando?
Tutti conoscevano l’intera sceneggiatura. Ma concretamente, ci sono due tipi di problemi per un film del genere. Da una parte, che cosa dobbiamo mettere in scena? Tutti gli attori vi diranno che bisogna rappresentare la situazione, servirsene al livello elementare. Ma inconsciamente e inevitabilmente, conoscere la scena o quello che succede in seguito influisce sulla recitazione.
Dall’altra parte, c’erano molte persone. Nonostante tutti mi avessero accordato fiducia, vedevo che in alcuni momenti il cast si poneva delle domande. Sono, dunque, dovuto velocemente diventare il garante della coerenza globale dell’interpretazione, compito che fa parte del lavoro dello sceneggiatore. Coerenza tanto più difficile visto che alcuni attori non sapevano come recitavano gli altri non avendo scene in comune e avendo girato senza seguire un ordine temporale.
È stata una scommessa e una grande opportunità che mi ha permesso di sapere dove ogni personaggio, ogni attore stava andando. Girare il finale e sapere che funzionava mi ha rassicurato.
Mi piacerebbe affermare che è stato machiavellico e che avevo previsto tutto, ma in realtà è stata la conseguenza degli imperativi del piano di lavoro.
Intervista Eric Besnard: Domanda 6Come ha lavorato allo stile del film, indiscutibilmente elegante e lussuoso?
Volevo fare un film “champagne”, tra bollicine e tintinnio del cristallo. Tutti erano stati avvisati.
Credo di essere rimasto nei limiti in termini di produzione. Le mie sole esigenze marcate riguardavano la scelta degli scenari e ne avevo discusso con il produttore. Il lusso dell’allestimento scenico doveva essere avvertito. La dinamica è un’altra componente della messa in scena del film.
La telecamera è spesso mobile, a volte le scene si associano a questo slancio, come nella cena in barca. Questo elemento dinamico, costantemente presente, dona ritmo al film. Il lusso non doveva essere ostentato, non è che la cornice della storia. Ci tenevo, per esempio, che le auto di lusso passassero in secondo piano. Non volevo soffermarmi su di esse ma dovevano essere belle.
Uno degli elementi dell’identità visuale del film è l’utilizzo dello schermo diviso, lo spilt screen. È un procedimento che introduco molto presto in modo da preparare la sequenza di presentazione del furto ideale. Ma quando dico split screen non voglio dire due immagini affiancate. Con il montatore, abbiamo avuto l’idea di uno split screen dinamico con delle immagini che si muovono.
Questo permette di trattare la “perfezione” di quello che è tenuto ad essere un furto perfetto, senza perdersi nel serioso e senza cadere nell’ostentazione.
Intervista Eric Besnard: Domanda 7La musica gioca un ruolo molto importante nel creare l’ambiente del film…
Avevo due desideri molto consolidati. Un colore musicale ereditato da Lalo Schifrin e Quincy Jones, e uno strumento leader: l’organo Hammond. Uno strumento divenuto piuttosto raro ma tipico di una certa epoca. Di Jean-Michel Bernard conoscevo solo la musica dei film di Michel Gondry.
Anche se mi rendevo conto che non corrispondeva a quello che cercavo, l’ho incontrato e... miracolo! Ho scoperto che non è solo uno specialista dell’organo Hammond ma che, tra gli altri, ha lavorato con Lalo Schifrin,ed in più è stato l’orchestratore di Ray Charles. Parlavamo dunque della stessa cosa. Il nostro lavoro è stato straordinariamente piacevole e interattivo. Per esempio, adoro la musica dell’inseguimento con un flauto traverso che prende il volo. Allo stesso modo, per il finale volevo una voce alla James Brown, molto sensuale. Ma non credevo che l’avremmo potuta trovare.
Ho assistito alle registrazioni e sono stato ingannato! Una bella avventura.
Intervista Eric Besnard: Domanda 8Cosa volete dare al pubblico?
Il sorriso e prestargli una certa intelligenza. Il divertimento non implica la stupidità o la volgarità.
Ho voluto che tutti nel film fossero intelligenti, dai due lati dello schermo. Come spettatore, adoro avere l’impressine di capire, per rendermi in seguito conto di essere stato coinvolto dalla mia stessa rappresentazione. Quello che mi interessa è il lato ludico, dell’astuzia, dell’euforia, la commedia frizzante. Sono cresciuto con i film di Philippe de Broca. Gli eroi hanno sempre l’occhio che brilla.
Spero di inserirmi in questa tradizione. È un film ludico, che gioca con lo spettatore.
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Cash
di Eric Besanrd
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2008  Cash
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