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Diciotto anni dopo Barfly, con Mickey Rourke tratto da un racconto di Charles Bukowski, tocca ora a Matt Dillon incarnare Henry Chinaski, scrittore in rotta con la società ed alter ego dell'autore inventato nel secondo romanzo del poeta maledetto della letteratura americana Factotum, che dà il titolo al film. Elogio della sconfitta, poetica della fuga scientifica dalle responsabilità, nel segno della ricerca personale di un'autoaffermazione che passa per l'arte, Factotum viaggia nel solco della vita dello scrittore che ha raccontato l'altra America. |
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 Matt Dillon, come è nata la parte? |
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| Ho creduto di poter far il film quando mi sono persuaso che non avrei interpretato Charles Bukowski e quando il regista Bent Hamer mi ha detto chiaramente che non voleva che io impersonassi lui ma il suo protagonista. |
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| Ha visto il film Barfly, è stata una fonte di ispirazione? |
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| Non ho fatto confronti con Barfly, il film con Micky Rourke, anche se mi era piaciuto molto. L'ho visto al cinema quando è uscito ma non l'ho più rivisto da allora. Ho un mio personale rapporto con Bukowski da quando leggevo i suoi racconti e i suoi romanzi a vent'anni. Non avrei mai immaginato di interpretare il suo alter ego, così quando me lo hanno proposto ho chiesto: siete sicuri che io sia l'attore giusto? |
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| Come si è preparato ad interpretare Henry Chinaski? |
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| Tutte le ricerche che ho fatto vengono direttamente da lui: le sue interviste alla televisione, le immagini dei suoi reading di poesie. Se mi fossi allontanato troppo dal personaggio, credo che non lo avrei più ritrovato. Quando interpreti qualcuno molto lontano da te, devi stare molto vicino al personaggio. Anche linguaggio del corpo è stato importantissimo. Sapevo di dover ingrassare, ma non volevo farlo con lo spirito di tanti attori, che poi declamano i chili che hanno dovuto prendere. Mi sono semplicemente lasciato andare, come immagino facesse lo stesso Bukowski: abbandonandomi a un graduale decadimento del corpo e a ritmi di vita completamente rallentati. |
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| Cosa le piaceva di questo scrittore quando lo leggeva a 20 anni? |
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| Quello che mi piaceva di Bukowski quando avevo 20 anni era l'umorismo e la brutalità. Un umorismo molto simile al mio. La sua vita è stata una commedia, mai una tragedia, questo è ciò che pensava. Come per molti miei coetanei, lo consideravo quasi un mito, un punto di riferimento. Mai avrei pensato che un giorno sarei arrivato ad interpretarlo, anche perché ai miei occhi era un nonno. Lo immaginavo imponente, coi capelli bianchi. |
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| E’ stato determinante, nella scelta di interpretare il film, anche il fatto che a dirigerlo fosse il regista norvegese di Kitchen Stories Bent Hamer? |
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| Dalla prospettiva di Bukowski anche Factotum sarebbe una commedia. Quando ho visto Kitchen Stories mi ha colpito l'insolito approccio al genere del regista e ho capito che avrebbe dato il giusto taglio al film. Con Hamer ho subito trovato un'affinità molto profonda. Lavorare con lui è stata un'esperienza molto istruttiva: non solo lascia grande spazio agli attori, ma ha anche un'idea del cinema molto chiara e una cura maniacale dei particolari. |
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| Quanto si sente cambiato dal suo esordio ne I ragazzi della 56/a strada? |
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| Ero giovane e Coppola aveva capito come dirigermi al meglio. Non sono più Rusty il selvaggio, ho 40 anni, ho smesso di fumare, faccio meno telefonate, ho acquistato una maggiore sensibilità e ho migliorato le mie capacità espressive. Invecchiare mi piace e mi rende migliore: come Bukowski e il buon vino maturo col tempo. Cerco di conservarmi puro e di liberarmi dagli stereotipi. |
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| Quali sono i suoi prossimi progetti? |
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| Ho appena finito di interpretare la commedia You, me and Dupree di Anthony e Joe Russo, con Michael Douglas e Kate Hudson. E' la storia di un uomo che rovina la vita del suo migliore amico: Michael fa la parte del cattivo e io sono il bravo ragazzo. |
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| [ fonte: TrovaCinema.it ] |
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