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The burning plain è la sua prima opera da regista. Come ha lavorato sulla direzione degli attori, che metodo ha cercato di seguire? |
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Una delle cose più divertenti è stato il fatto che ogni settimana dovessi girare con attori diversi. Ho letto molti libri, ma mi sono reso conto che il modo in cui mi sarei sentito più a mio agio era quello di inventare un mio modo di dirigerli, anche perchè molto spesso ho adattato il mio metodo di direzione a seconda degli attori che avevo di fronte. Ci sono stati casi di attori esordienti che si sono ritrovati a recitare accanto ad attori consumati e molto famosi, ho dovuto trovare il giusto equilibrio tra tutti gli attori. Per esempio non ho mai seguito il metodo Video Village, molto usato, dove c'è chi dirige gli attori da lontano, a volte senza nemmeno parlarci, io ho cercato di costruire un set nel quale gli attori si sentissero in qualche modo protetti. |
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Al Festival di Venezia probabilmente il suo film non è stato completamente capito. E' rimasto deluso in qualche modo dall'esperienza veneziana? Come vede il suo futuro da regista, che approccio ha relativamente a pubblico e critica? |
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In realtà sono stato molto onorato di partecipare al Festival di Venezia con il mio film e sono molto grato a Marco Muller per averlo scelto. Il solo partecipare è già in un certo senso una vittoria, un traguardo importante. Ad ogni modo la cosa che mi ha più commosso è stata la reazione del pubblico dopo la proiezione. Il giorno dopo il verdetto mi è capitato di fare colazione con il vincitore Aronofsky, così gli ho detto... "Congratulazioni, ti odio!". A parte scherzi, le candidature, i premi...sono le ciliegine sulla torta, la cosa fondamentale è che il pubblico rimanga colpito, sorpreso. |
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Cosa cambia tra lo scrivere per sé stesso e scrivere per altri? E' più difficile? |
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Beh in tutti i film che ho scritto sono stato sempre vicino in qualche modo alla fase produttiva. Sono stato produttore di Amores Perros e di 21 grammi, ne Le tre sepolture ho recitato e fatto il casting relativo agli attori messicani, visto che ero preoccupato dal fatto che stessero reclutando attori con un pessimo spagnolo!
Comunque ho sempre cercato di scrivere per registi che fossero alla loro prima opera, me incluso, è stato così per “Amores Perros” di Inarritu, così per “Le tre sepolture” di Tommy Lee Jones e altrettanto per il mio The burning plain...
Comunque rispondo alla domanda: la vera differenza è che lavorare con un team è più divertente, è meglio che lavorare in solitudine come accade generalmente a uno scrittore. |
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Come vede il successo di Obama, soprattutto dal punto di vista di un messicano che lavora a Hollywood? |
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Durante le elezioni ero in Virginia...dicevo a chi mi stava attorno "questa è la grande occasione per riprendersi". Obama è un'icona, credo che se si fosse votato in tutto il mondo avrebbe preso il 97% dei voti. Credo che lui incarni il meglio di questo paese, la dimostrazione che chi vuole veramente qualcosa, negli Stati Uniti d'America ce la può fare. |
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Il cinema messicano è in ottima salute, cosa sta succedendo? |
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E' una questione di fiducia, il Messico ha una cultura importante e profonda e se non è stata riflessa fino a ora è per mancanza di fiducia. Questo meccanismo è riscontrabile per esempio nello sport. L'Argentina è diventata una grande squadra di calcio solo dopo la prima vittoria di una Coppa del Mondo... |
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La sceneggiatura è oggi il vero problema di Hollywood secondo lei? |
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Credo che il problema sia della società contemporanea. Non è più in grado di trasformare la realtà in fiction, ha dei problemi di comprensione, forse perchè ci stiamo alienando, allontandando dalla natura, fondamentalmente non abbiamo una vita interiore. Ad esempio...ho partecipato a molti festival di film, di corti...ci si occupa spesso più del trucco e del lato marginale che non degli attori e della storia. La forma ha prevaricato la sostanza, è un problema della scrittura in generale e quindi sì, c'è un problema generale di sceneggiature. A questo va aggiunto che per un bravo sceneggiatore è dura, perchè i riconoscimenti vanno tutti al regista. |
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A livello registico quali sono stati i suoi punti di riferimento? Nei suoi film sembra uscire fuori la centralità umanista, con i corpi, gli sguardi...un po' come nel cinema degli anni '70... |
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Fin dall'inizio ho cercato con tutto il team di trovare l'approccio migliore per raccontare questa storia. Da piccolo sono cresciuto con molte cinematografie, ho seguito molto il neorealismo italiano. Sono stati importanti anche gli anni '70, sicuramente, apprezzo il loro modo di affrontare la condizione umana. Una differenza tra me e Inarritu è che io cerco di avere una macchina da presa il più possibile sobria, inosservata. Ho cercato di concentrarmi sugli elementi della natura, di modo che attori e spettatori avessero coscienza del vento, del sole...per esempio se avete notato la colonna sonora è quasi assente, proprio per dare risalto alla realtà. |
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Le ha detto che The burning plain fa parte di una trilogia del confine. Questo tema è molto sentito per i messicani. Come può descrivere dalla sua prospettiva il concetto di confine? C'è un senso di ambiguità poetica? |
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The burning plain è il secondo film della "trilogia" in un certo senso, il primo è stato Le tre sepolture. Il mondo sta cambiando, così come anche le frontiere e mi auguro che in un certo senso The burning plain possa rappresentare questo cambiamento, è un film che rappresenta la speranza, un film del periodo Obama. Io appartengo al gruppo di sceneggiatori a cui piace che succedano tante cose in un film, un po' come accade in Shakespeare, pur non pretendendo di essere ovviamente della sua levatura! E in questo quadro mi piacciono i personaggi al confine, che sono agli estremi di qualcosa. La Theron sulla scogliera è un punto di confine, il mare è un confine perchè segna la fine di qualcosa e l'inizio di qualcos'altro. Amo anche il confine vita-morte, parlare di confini fisici significa parlare anche di confini poetici ovviamente, ma il concetto stesso di nazione è un concetto giovane. La cose stanno cambiando rapidamente, il film cerca di mostrare questo, così come mostra che i messicani sono gli amanti migliori! |
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