Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Intervista: Michael Nyqvist

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Esce venerdì 25 settembre, distribuito da Bim in oltre 250 copie, "La ragazza che giocava con il fuoco", secondo capitolo della trilogia "Millennium" tratta dai romanzi di Stieg Larsson. Una novità su tutte, il cambio di regista: il secondo e il terzo episodio sono stati girati da Daniel Alfredson. Non cambiano invece gli interpreti, Noomi Rapace nei panni della piratessa informatica Lisbeth Salander e Michael Nyqvist in quelli del giornalista Mikael Blomqvist. Proprio quest'ultimo è venuto a Roma per incontrare la stampa a pochi giorni dal lancio del film.
a cura di Glauco Almonte
Intervista Michael Nyqvist: Domanda 1Come si è misurato con il suo personaggio?
Il secondo e il terzo film sono il motivo per cui ho scelto questa parte, per l’impatto sociale e l’aspetto politico. Io condivido i principi etico-morali del mio personaggio, è molto intelligente, ha un profondo senso di empatia, è un buon ascoltatore e non giudica. E’ un uomo occidentale moderno. Credo che incarni l’alter-ego di Stieg Larsson, o almeno quello che avrebbe voluto essere.
Intervista Michael Nyqvist: Domanda 2Ha lo stesso successo con le donne del suo personaggio?
Il suo successo con le donne nel film è molto attenuato, lui andava con tutte. Ho parlato con l’editore, nel libro ha lasciato fuori una ventina di storie! Se ho qualcosa in comune? Mi piace molto parlare con le donne, perché quando parli con un uomo ti fa solo domande delle quali conosce già la risposta. Le donne invece sono in grado di fare domande delle quali ignorano la risposta.
Intervista Michael Nyqvist: Domanda 3Come sono state concepite le riprese della trilogia?
Abbiamo finito le riprese dei tre film, ci abbiamo messo un anno e mezzo. L’idea è stata quella di entrare nell’universo di Stieg Larsson, di attraversarlo così come lo aveva creato.
C’è una differenza tra il primo e i due successivi: nel primo lo spettatore e il lettore sono insieme a Lisbeth e Mikael, sanno quello che i due protagonisti sanno. Negli altri due invece conoscono più di loro, Larsson ha modificato il suo modo di raccontare mettendosi più nella scia del thriller tradizionale. E poi nel primo c’è questo aspetto mistico, il viaggio interiore per ripercorrere la memoria.
Intervista Michael Nyqvist: Domanda 4All’inizio solo il primo film doveva essere realizzato per il cinema, gli altri due per la televisione. Come è cambiato il programma?
Per essere onesto è stato imbarazzante quando alla prima conferenza stampa internazionale il primo intervento è stato “come fate ad essere così stupidi, avete questo regalo per il resto del mondo e lo tenete per voi, è avidità?”. Ho provato a difendermi dicendo che non ci piaceva l’idea che i ragazzini potessero vedere un film brutale, violento, ma mi hanno inchiodato facendomi notare che potevano benissimo accendere la televisione a mezzanotte.
In realtà lo sapevamo che avremmo fatto il secondo e il terzo per il cinema, c’è stato giusto qualche cambiamento tecnico a livello di produzione, per noi non è stato un gran cambiamento. So che Larsson aveva venduto i diritti ad un’azienda televisiva, quindi abbiamo realizzato due prodotti, lavorando ad entrambi in contemporanea: abbiamo un’ora di materiale in più per la tv. Comunque la mia esperienza è che se hai fatto un buon film in tv ci finisci lo stesso.
Intervista Michael Nyqvist: Domanda 5Cosa ha significato il cambio di regista rispetto al primo film? E come si evolve il suo personaggio?
L’idea di partenza era quella di cambiare l’atmosfera e il modo di raccontare da film a film, innanzi tutto per noi: è stata una vera maratona.
Daniel ha cambiato il tipo di macchina da presa e la posizione, è passato dall’uso del cavalletto alla steadycam. Questo ha cambiato lo stile della narrazione.
Il problema è stato più per il regista che per gli attori, quando Daniel è arrivato noi lavoravamo già da cinque mesi, si è trovato insieme ad attori che conoscevano la parte meglio di lui.
Quanto a me, nel secondo mi vedete lavorare come giornalista; nel primo no, era incentrato sul presentare Lisbeth. Il secondo si concentra maggiormente sulla rivista, sui giornalisti al lavoro.
In questi due il mio personaggio è più paranoico, meno carino e gentile, mentre nel primo è costantemente una vittima.
Quando lavoro mi interessa di più l’aspetto interiore che quello esteriore, non mi metto lì a posare.
Uno degli attori che ammiro di più, per il suo talento, è Marcello Mastroianni, cerco di imitare lui quando recito.
Intervista Michael Nyqvist: Domanda 6Larsson era un esperto per quanto riguarda l’estrema destra, c’è un nesso tra questa sua conoscenza e i suoi romanzi? E vi siete conosciuti?
Diversi anni fa ho recitato a teatro, facevo un monologo su “Se questo è un uomo” di Primo Levi; sono stato minacciato da un gruppo di estremisti e ho dovuto girare con le guardie del corpo. Ho conosciuto Stieg Larsson perché era un esperto di questo tipo di movimenti, una decina di anni fa erano molto attivi. E’ stato un incontro brevissimo, comunque. Larsson è stato il primo ad avviare un dialogo con gli estremisti di destra.
Intervista Michael Nyqvist: Domanda 7Qual è la sua posizione nei confronti del risveglio degli autori nordici, almeno per quel che riguarda il genere thriller? C’è un punto di vista comune?
In Svezia abbiamo la tradizione di mostrare la vita per quello che è, ma anche di mostrare che potrebbe essere migliore.
C’è anche una posizione critica nei confronti del sistema sociale, è c’è un altro elemento tipico: il senso di colpa dopo la Seconda Guerra Mondiale, di cui si suppone non si debba parlare ma è molto presente, soprattutto nella letteratura e al cinema.
Intervista Michael Nyqvist: Domanda 8C’è libertà di inchiesta in Svezia? Qui molte cose vengono bloccate o raccontate soltanto in parte. Che tipo di giornalismo avete?
Nel 1973, se non ricordo male, abbiamo avuto un trauma, due giornalisti scoprirono l’esistenza di una polizia segreta collegata al partito social-democratico. E’ stato uno shock per la democrazia: i giornalisti sono finiti in galera e al partito non è successo niente.
Questo ha avviato un dibattito sulla libertà di stampa e ha portato a dubitare delle tradizioni svedesi. Dagli anni ’70 la situazione è cambiata.
Intervista Michael Nyqvist: Domanda 9Esiste nella realtà un giornale simile a “Millennium”? Che vita ha?
Abbiamo ancora la rivista fondata da Stieg Larsson, “Expo”. Ne abbiamo una decina di quel tipo, ma sono molto noiose e vendono poco.
Intervista Michael Nyqvist: Domanda 10I libri di Larsson non bestseller in tutta Europa, negli Stati Uniti invece sono in ritardo ma già pensano ad un remake. Notizie a questo proposito?
Intendi le notizie top secret? Si dice che Tarantino sia stato a Stoccolma e che Brad Pitt farà il mio ruolo...
Scherzi a parte, non ho mai capito il vizio americano di rifare le cose, hanno forse paura della nostra cultura? Non è una critica, però hanno la tradizione di fare le cose tenendo d’occhio l’aspetto commerciale: secondo me in caso di remake dovrebbero farlo con attori sconosciuti al grande pubblico.
Quanto al successo dei libri e dei film, credo sia dovuto a questa specie di tocco anarchico, l’idea che sia possibile modificare la società e la nostra vita con strumenti semplici.
Intervista Michael Nyqvist: Domanda 11Perché avete girato in svedese un film che punta al grande mercato?
Quando vedo attori inglesi che parlano tedesco si sente la pessima pronuncia, e così sarebbe stato realizzarlo in un’altra lingua. E’ possibile mescolare le lingue all’interno di uno stesso film, per esempio in “Inglorious Basterds”. Ci doppiano molto negli altri paesi, è molto divertente quando ti vedi parlare con una voce che non è la tua: non volevamo perderci il divertimento!
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