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Nuova collaborazione tra Gabriele Salvatores e Ammaniti, autore del libro da cui è tratto il film. "Come Dio comanda" è una storia dai toni cupi, in una landa desolata alle pendici di maestose montagne dove vivono un padre disoccupato e un figlio che frequenta le scuole medie. Il loro è un rapporto d'amore sbagliato, tragico e oscuro e combattono soli contro il mondo. Salvatores indaga sull'importanza di un riferimento come quello paterno ma anche sull'assenza di Dio, mai così lontano dall'uomo. |
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Come nasce questa nuova collaborazione con Ammaniti? |
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Ormai è un po' che ci conosciamo, posso dire che siamo diventati amici. Tutto è iniziato quando lui ha iniziato a pensare a questo libro (omonimo nda), mi raccontò di un padre cattivo che insegnava al figlio come difendersi, insegnava l'odio con "tanto amore". Quando l'abbiamo letto io e il produttore Maurizio Totti abbiamo pensato che potevano uscirci fuori anche due film, tale era il materiale e i personaggi che raccontava. Alla fine si è optato per questo film, cambiando alcune cose, per esempio un finale con sfumature diverse, mantenendo uno spirito quasi documentaristico sul rapporto padre-figlio. |
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Cosa l'ha attratto realmente di questa storia? Questa figura paterna così controversa e a tratti orribile è paradossalmente più presente di tante altre figure paterne. Cosa ne pensa? |
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Beh nella sua domanda c'è in parte la risposta. E' una figura per certi versi affascinante. I romanzi di Ammaniti sono spesso visti come un racconto dell'Italia contemporanea. In parte questo è vero ma è anche vero che contengono sempre un'archetipo, strutture simili a quelle Shakespeariane: un padre, un figlio, un "buffone", degli scambi e degli equivoci...sono storie antiche, che toccano corde universali.
Per quello che riguarda la figura paterna credo che forse era opportuno, durante questo ultimo scorcio di storia moderna, che si sotituisse il ruolo che il maschio ha gradualmente perso. Tutti abbiamo bisogno di un esempio, magari anche per dire "non è così". Il moderno "decidiamo insieme" apre molti spazi, ma può essere anche pericoloso. |
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A proposito di archetipi si sono notati dei riferimenti cinematografici. La macchina masturbatoria di Elio Germano ricorda "Videodrome" di Cronenberg, lo skateboard fuori dalla scuola ricorda il cinema di Gus Van Sant... |
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Beh i guanti della macchina se li è inventati lo stesso Elio Germano e alla fine se l'è portata direttamente a casa! In effetti quando l'ho vista m'è venuto in mente Cronenberg, che dice molte cose sulla TV in senso 'pornografico'. Anche per la scena dello skateboard si può trovare una relazione con Van Sant, è vero, però è anche vero che ormai fa parte del mondo giovanile, è un po' come fare un film western senza cavalli. Ad ogni modo sono contento che si rilevino questi riferimenti, sono due registi che mi piacciono. |
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Perchè secondo lei in tutti questi anni gli uomini non hanno saputo costruire un modello diverso? Le madri forse sono state più brave...che ne pensa? |
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Qui ci vorrebbe uno che studia psicologia, io posso dire quello che vedo e penso. Credo che la donna debba essere creativamente libera, non deve essere compressa. L'uomo invece potrebbe usare i muscoli per tenere le posizioni, un po' come i canarini maschi che d'inverno rimangono da soli a difendere il nido, ma quando torna la femmina scoprono cos'è la riconoscenza. Non avere un riferimento maschile è quasi sempre un problema. |
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Quanto è stato tradurre questo libro in un film, che è pieno di fatti di cronaca? |
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Ho cercato di non guardare a quegli eventi non come cronaca. La cronaca sta invadendo la nostra realtà, non si parla più della realtà ormai, ma della cronaca. Volevo far vedere all'inizio del film i personaggi cattivi e colpevoli sotto un'ottica di tenerezza che poi viene parzialmente contraddetta. La grandezza della letteratura sta nel fatto che può raccontare il malessere dei personaggi restati in silenzo per mesi e mesi, magari senza che le persone che li circondano se ne rendano conto. |
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Nel film troviamo tre figure maschili forti. Hai mai pensato di introdurre una figura femminile? |
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Nel libro per la verità c'era, ma in fase di sceneggiatura si è preferito toglierla. Credo che il peso di un concetto come quello del 'femminile' si possa sentire anche attraverso la sua privazione. E' molto probabile che se ci fosse stata una figura femminile la storia sarebbe finita diversamente. |
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Il figlio dubita del padre come gli uomini dubitano di Dio. Come si può riflettere partendo da questo spunto? |
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E' vero, è un tema sotterraneo ma presente. E' un film anche sull'assenza di Dio, addirittura c'è la scena del funerale che è montata insieme alla scena del bosco, e le preghiere recitate sembrano essere rivolte più al personaggio di Elio Germano che a Dio...io non so se Dio esiste o meno, quello che mi sembra palese è che si vede molto poco. |
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C'è un forte riferimento alle nuove ondate di razzismo. Come commenta questo aspetto del film? |
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Beh i personaggi si difendono da un mondo che gli fa paura. Anche noi però abbiamo paura di loro. Forse dovremmo provare a parlarci, a guardarci negli occhi gli uni con gli altri, a comunicare di più, non necessariamente fisicamente, lo si può fare anche attraverso i film, le canzoni, l'arte... |
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Come è stato girare nel nord-est d'Italia? |
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Per molti versi Come Dio comanda è un film speculare a Io non ho paura, nel quale il sole risplendeva e i toni erano accesi e luminosi. Lì c'era un rapporto di non sincerità tra le persone, qui invece i toni sono cupi ma i rapporti sono sinceri. Ho scelto il nord-est anche perchè avevo bisogno di una natura forte, che si sentisse. Gli ambienti sembrano zone strappate alla natura e attorno c'è una natura che sembra pronta a riprendersi quegli spazi così razionalizzati. |
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Quanta importanza dà alle musiche nei suoi film? Quanto è importante l'impianto tecnico in un film? |
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Cerco di utilizzare la musica come un elemento in più, non proprio di abbellimento, magari di contrasto. La musica è molto importante in un film, io mi sono consultato anche con Ammaniti, che è un esperto di certe sonorità. Alla fine ho scelto i Mokadelic, che fanno una musica post-rock, usano gli stessi strumenti del rock, ma affrontano sonorità completamente nuove.
Il cinema è certamente un lavoro anche fisico, fatto di cose concrete. La camera a mano dà un senso di realtà per esempio. Ho provato anche a girare molte scene in pianosequenza, anche se poi nel montaggio sono state spezzate. Girare di continuo dà molte sfumature agli attori, ma bisogna fare un lavoro impegnativo sull'illuminazione e sul sonoro. |
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