|
|
Arriva nelle sale italiane "La scelta", l'ultimo film di Michele Placido, un dramma sentimentale tratto da un lavoro di Pirandello. Il testo, adattato ai giorni nostri dal regista e Giulia Calenda, vede protagonista la coppia Bova-Angiolini di fronte a una gravidanza non attesa e problematica. Placido racconta alla stampa la sua visione delle dinamiche della coppia e la volontà di affrontare il tema della gravidanza, centrale nella nostra società. |
|
|
|
|
Che cosa l’ha spinta verso questo progetto? |
|
Ci siamo liberamente ispirati a "L’innesto", un testo di Luigi Pirandello che fece molto scalpore all’epoca della sua apparizione, il 1919. Per chi, come me, proviene dal teatro la sfida è stata particolarmente interessante. |
|
Che cosa si vedrà in scena? |
|
Ho tentato di essere quanto più fedele possibile alla matrice pirandelliana ma adeguandola all’oggi e al linguaggio cinematografico. La storia mi è sembrata ancora più significativa una volta trasportata in un’epoca come la nostra, in cui la maternità spesso viene programmata. Il nostro film è ambientato oggi a Bisceglie, in Puglia, e racconta una coppia borghese senza figli formata da Laura e Giorgio. Una coppia felice fino a quando un evento drammatico e improvviso non ne sconvolge il destino: l’irruzione di una gravidanza, improvvisa e puntellata da elementi drammatici che, seminando il dubbio sulla paternità del bimbo, rischia di compromettere gli equilibri e i sentimenti di marito e moglie, portandone alla luce le differenze caratteriali. Giorgio vive drammaticamente il trauma della moglie, mentre Laura, facendo appello a tutte le sue forze, decide di ricostruire il loro legame usando tutta la femminilità di cui dispone, ritrovando con lui l’intimità, per poi scoprire di essere incinta. Un bambino che potrebbe essere di Giorgio, ma che potrebbe anche non esserlo. Inizierà allora un tormentato percorso sentimentale che porterà i due coniugi su due posizioni diverse: avere il bambino ad ogni costo, o decidere diversamente. I due protagonisti dovranno ricorrere a tutto il loro amore per trasformare quell’esperienza in un rafforzamento del sentimento che li unisce, dovranno affrontare con grande forza ogni paura e fare alla fine una scelta |
|
Che cosa le stava a cuore raccontare? |
|
Nella letteratura italiana non sono molte le donne che si trovano a convivere con un evento come quello vissuto dalla protagonista di questa pièce. Una situazione drammatica ma al tempo stesso piena di trepidazione per la maternità in arrivo. Volevo raccontare il dilemma che nasce tra i due coniugi rispetto alla decisione di portare a termine la maternità. Al centro della storia è la donna col suo dna, col suo misterioso modo di essere rispetto all’uomo, anche attraverso la gravidanza. Mi incur iosiva l’eterno conflitto uomo-donna e come in fondo Pirandello avesse voluto sottolineare la fragilità del maschio: quando Laura torna a casa sconvolta dopo la violenza subita, suo marito rimane paralizzato, come se l’offesa fosse stata fatta a lui. Prima di girare il film chiedevo spesso ai miei amici cosa avrebbero fatto se si fossero trovati al posto del nostro protagonista. La risposta che ottenevo era sempre la stessa: non avrebbero voluto tenere il bambino. Ma, insistevo, se si fosse trattato di accettarlo per amore? Nella vicenda c’è una donna che impone una scelta che pochi uomini saprebbero accettare, e tutto il film è costruito su un doppio binario: volevo che a volte lo spettatore si ritrovasse dalla parte dell’uomoe a volte da quella della donna, che a tratti comprendesse meglio Laura e la sua scelta, mentre a tratti capisse meglio Giorgio e soffrisse con lui. Per quanto mi riguarda, nell’approccio al film mi sono sentito più donna che uomo: pur comprendendo Giorgio - i suoi panni di insicurezza e fragilità, in fondo, li indossiamo ogni giorno - sono sempre stato a fianco di Laura; mi sono messo nei panni della donna che prende una posizione coraggiosa e segue solo il suo cuore di madre. Laura è forte e determinata, un personaggio esemplare, davvero scandaloso per l’epoca in cui fu pensato, tanto è vero che "L’innesto" in pratica non è mai stato rappresentato nel corso del tempo - l’aveva utilizzato soltanto Luca Ronconi in un laboratorio con gli allievi della sua scuola di teatro in Umbria. |
|
Perché Pirandello? |
|
Pirandello è per me la figura più straordinaria del nostro teatro. L’ho affrontato più volte nel corso degli anni: ho recitato, diretto da Marco Bellocchio, ne "L’uomo dal fiore in bocca" per la tv, ho allestito uno spettacolo su "L’uomo dal fiore in bocca" e su "La carriola", dove recitavo con il premio Oscar Murray Abraham e, più recentemente, ho diretto in teatro Giuliana Lojodice in "Così è se vi pare". Pirandello è stato ispirato spesso in diverse sue opere da figure femminili potenti, penso ad esempio a "Come tu mi vuoi" o anche ai Sei personaggi, dove sia la figliastra che la madre dominano il dramma, senza dimenticare altreopere dedicate a Marta Abba. Nel privato Pirandello aveva grandi problemi con le donne, non era misogino ma le guardava con soggezione e i sentimenti, le passioni non vissute nella realtà sono molto ben presenti nei suoi scritti. Per quanto riguarda "L’innesto" , la donna ne era protagonista in un modo insolito, sia da un punto di vista maternale che affettivo.
Nel film ho voluto in qualche modo riproporre quel confronto aspro uomo/donna che avevo già affrontato in un altro mio film, “Un viaggio chiamato amore”, dedicato al complesso e viscerale rapporto affettivo tra la scrittrice Sibilla Aleramo e il poeta Dino Campana. Quello a cui mi sono ispirato è un testo di grande attualità e pregno di significati. Il mondo occidentale di oggi fa sempre meno figli, mentre qui c’è una donna che decide di essere madre anche se in un modo fuori dalla norma. Penso che La scelta sia un’opera molto potente, non è una banale storia d’amore, spero che possa prendere il pubblico allo stomaco e catturarlo, spingendolo a voler sapere fino in fondo come andrà a finire. Pirandello tiene sempre appeso a un filo lo spettatore, è capace di descrivere un thriller sentimentale e psicologico come pochi scrittori italiani sanno fare, è poco melodrammatico, in un certo senso poco mediterraneo e molto nordico; è molto attento a una profondità della conoscenza degli aspetti dell’uomo, cosa non sempre approfondita nella letteratura italiana |
|
Nella scrittura della sceneggiatura siete stati fedeli al testo originale? |
|
Quello che ho cercato di allineare all’originalità è stata una lettura senza giudizi né tantomeno pregiudizi. In questo, come in molti altri casi, Pirandello si è dimostrato un autore molto moderno. Volevo porre al centro la protagonista femminile, ma anche il personaggio del marito, incapace di comprendere la scelta della sua donna. Si può amare di un amore totale ma rispetto al tema del film anche un uomo molto innamorato può trovarsi in grande difficoltà. Il segreto del racconto è questo, viene posta una scelta etica a cui anche l’uomo più intelligente, colto e aperto fa fatica a rispondere. La sceneggiatrice Giulia Calenda ha sposato subito l’idea e l’impostazione di fondo. In fase di scrittura curiosamente e fortunatamente era incinta, ed è stata subito affascinata dall’impegno che la aspettava perché avrebbe dovuto scrivere di una donna con una creatura in grembo proprio nei mesi in cui anche lei ne aveva una. Tutto questo ha fatto sì che la scrittura fosse molto femminile, abbiamo trasportato la storia ai nostri giorni ma avremmo potuto ambientarla ovunque e in ogni momento; nelle storie d’amore con grandi contrasti le dinamiche sono simili, ma attualizzarle rende vivo il tema. Oggi il pubblico è più pronto ad accogliere tutti i segnali che Pirandello manda, mentre all’epoca in cui l’opera fu scritta, essendo la società italiana dell’epoca molto bigotta, fu spesso censurata e rimossa dai di stributori teatrali |
|
Che cosa ha contato nella selezione degli interpreti? |
|
In Italia spesso gli attori si dividono fra chi recita nelle commedie e chi no. Ho voluto due protagonisti normali nel loro percorso, non troppo definiti, due artisti popolari che hanno attraversato con successo vari generi ma che, pur essendo dei divi, rappresentano bene una coppia normale in cui ci si può immedesimare. Alcuni registi molto più importanti di me, entrati nella storia del cinema, come Visconti e De Sica, hanno usato spesso in passato icone popolari per interpretare personaggi molto significativi. Avevo conosciuto sia Raoul sia Ambra recitando insieme a loro tre anni fa in “Viva l’Italia” di Massimiliano Bruno, ma l’idea di coinvolgerli è arrivata diverso tempo dopo. Il protagonista de L’innesto non aveva una professione precisa, era un imprenditore, un possidente dell’epoca, nel film invece immaginiamo che Giorgio sia un bell’uomo di estrazione popolare che gestisce una sorta di ristorante/enoteca. Per interpretarlo ho puntato su Bova perché mi piace l’idea di un uomo così aitante che scopre tutta la sua fragilità. Laura invece è più vicina a Mozart che ai vini pugliesi, è più colta e intellettuale e dirige un coro di bambini. La vicenda del film fa emergere anche la loro diversità culturale.
Come protagonista femminile ho scelto Ambra Angiolini perché aveva la leggerezza giusta per rendere al meglio il personaggio. L’avevo vista recitare a teatro un testo di Stefano Benni intitolato "La misteriosa scomparsa di W" e l’avevo trovata straordinaria: portava in scena il percorso esistenziale di una donna, dall’infanzia all’età adulta; due ore in cui Ambra riusciva a mantenere vivo e credibile sia l’aspetto drammatico che quello di commedia. In quel momento ho capito che poteva essere lei l’attrice che cercavo. Raoul e Ambra si sono impossessati dei personaggi e mi hanno sorpreso moltissimo. Basti pensare alla scena in cui lei, dopo molte titubanze, decide di annunciare a suo marito la gravidanza. Decide di farlo sommessamente, in una notte in cui lui forse sta dormendo; il pubblico è convinto che lui non l’abbia sentita e invece quella parola entra nel suo pensiero dormiente e a poco a poco la recepisce, passando dal sogno al risveglio: si tratta di emozione pura, senza nessun artificio, la forza emotiva ed espressiva dei due interpreti è stata davvero notevole e quei due loro primi piani mi hanno fatto capire che eravamo sulla strada giusta |
|
Come è arrivato invece a scegliere Valeria Solarino per il ruolo di Francesca? |
|
Valeria aveva recitato per me sul set di “Vallanzasca”. In questo film è una presenza secondaria ma comunque importante nell’ambito della vicenda. Al contrario di Laura, il suo personaggio è una donna frivola; è bellissima e intelligente e convive senza apparenti problemi con due uomini, marito e amante, entrambi contenti e convinti (in un certo senso è l’unica nota di commedia che abbiamo inserito nel film). Di Valeria apprezzo molto la generosità. Sul set abbiamo lavorato intensamente dando vita a frequenti discussioni e scambi di opinione su personaggi e dialoghi; lei è stata particolarmente vicina ad Ambra e si sono compensate a vicenda |
|
Come è stato allestito il progetto da un punto di vista produttivo? |
|
Negli ultimi tempi la Puglia aiuta molto il cinema italiano. Lo sfondo di Bisceglie ha rappresentato per noi una città ideale perché, come in tutta l’Italia meridionale, può contare su un centro storico di una bellezza strepitosa ma è di verso da quelli visti finora al cinema. È dominato da una pietra particolare, rigorosa, gotica, non ha le caratteristiche di molte tipiche città pugliesi, coi muretti bianchi e il mare. Qui trionfano i toni severi di una città che potrebbe trovarsi in Toscana o in Umbria e che ha vicoli strettissimi, tortuosi, simili a quelli di Venezia, una specie di labirinto in cui Laura si perde nella notte del drammatico evento. Il film compie una scelta stilistica precisa puntando su macchina a mano e primissimi piani, con un paesaggio che potrebbe ritrovarsi ovunque: non ho voluto caratterizzarlo troppo per non distrarre lo sguardo dello spettatore. Nel film gran parte della troupe è pugliese: è meglio contare su gente che conosce i luoghi, per evitare il folklore dello sguardo di chi arriva da lontano e si lascia ammaliare dal paesaggio e non dalla profondità dei comportamenti. In Puglia c’è tutto: gli attori, gli elettricisti, i tecnici, le sarte, le maestranze, da Roma ho portato con me solo il mio direttore della fotografia Arnaldo Catinari. Devo confessare poi che avendo io una storia personale legata al teatro provo molto piacere nel fare gruppo: la città è stata calorosa, mi sono ritrovato a spiegare a tutti in piazza quello che stavamo facendo, a raccontarne nei dettagli la nostra storia alla gente del luogo a cui ho chiesto di seguirci con amore. Sono molto felice che la Lucky Red abbia creduto nel film, dimostrando attenzione e sensibilità nei nostri confronti, è una società di produzione e distribuzione che sceglie sempre la qualità, a volte insolita, ma è molto selettiva nei confronti del cinema italiano |
|
|
|
Ultime Interviste |
|
|
|
Tomm Moore La canzone del mare: "voglio che i bambini conoscano le nostre storie e leggende" |
|
|
Alexandra Leclère Benvenuti... ma non troppo: "una commedia pura che fa riflettere" |
|
|
Martin Zandvliet Land of mine - Sotto la sabbia: "una storia importante e sostanzialmente sconosciuta" |
|
|
Andrew Haigh Weekend: "un'onesta, intima, autentica storia d'amore" |
|
|
Brian Helgeland Legend: "Come si racconta la vita di una persona realmente esistita?" |
|
|
Carlo Verdone L'abbiamo fatta grossa: "la critica di costume deve essere parte della commedia" |
|
|
Virág Zomborácz Mózes, il pesce e la colomba: "ho iniziato a scrivere sceneggiature a sei anni! |
|
|
Francesco Calogero Seconda Primavera. "la capacità di interpretare la realtà è spesso contraddittoria" |
|
|
Vincenzo Salemme Se mi lasci non vale: "l'amicizia e l'amore devono essere credibili" |
|
|
Lorenzo Vigas Ti guardo: "ogni uomo cerca di riempire una vasta mancanza di emozione" |
|
|
|