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Danny Boyle cambia ancora una volta genere e con “The Millionaire” sbarca in India all'inseguimento del cinema di Bollywood. Nel film c'è l'India ma c'è anche "Chi vuol essere milionario", trasmissione conosciuta in tutto il mondo e che vede protagonista un giovane indiano venuto dal nulla. Il regista inglese usa lo stratagemma del programma tv per ripercorrere la vita del povero Jamal, che grazie alla sua grande determinazione si trova di fronte alla domanda finale da 20 milioni di rupie ma soprattutto di fronte a Latika, il suo unico grande amore. |
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Questo film è tratto da un romanzo, come l'ha conosciuto? La scelta è stata fatta anche in ottica di creare un prodotto stile 'Bollywood'? Cosa ne pensa di quello che è successo in India pochi giorni fa? |
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In realtà ho letto prima la sceneggiatura del romanzo, all'interno della quale era già contenuta la partita a "Chi vuol essere milionario". Non avrei mai pensato di fare un film al cui interno ci fosse questo tipo di riferimento televisivo, eppure sono stato rapito dalla sceneggiatura già dopo le prime 10 pagine.
Per quello che riguarda l'India c'è da dire che ero molto poco preparato sull'India, non c'ero neanche mai stato, ma la spinta a fare questo film era così forte che mi sono voluto buttare nel progetto. C'è da dire che non sono certo un precursore, oggi Hollywood guarda moltissimo a Bollywood e viceversa. Spielberg, la Disney, Will Smith stanno tutti quanti investendo in progetti connessi con l'India, anche perchè gli Indiani sono molto attratti dalle star. Ad ogni modo è un prodotto che non si rivolge esclusivamente all'India, in America per esempio è stato accolto in modo incredibile, oltre ogni aspettativa considerando che l'argomento India è abbastanza estraneo agli Americani. Io credo che sia piaciuta l'idea del sogno, un sogno realizzato. Non mi riferisco ai soldi ovviamente quanto all'incontro dei due protagonisti.
Beh l'attentato in India mi ha piuttosto scosso, l'anno prima che girassimo questo film c'era stato un attentato su di un treno...Mombay (l'ex Bombay nda) è una città generalmente tranquilla, ma è anche una città piena di estremi, amore e violenza all'ennesima potenza. Comunque dopo il recente attacco abbiamo chiamato tutti quelli che hanno lavorato con noi al film e fortunatamente loro e le loro famiglie stavano bene. |
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Lei ama saltare da un genere all'altro...c'è un filo rosso che unisce tutti i suoi film? Con questo film voleva anche mostrare la differenza tra le due culture, quella indiana e quella occidentale? |
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Sì beh effettivamente le domande di "Chi vuol essere milionario" sono di diversa difficoltà se pensate con la testa di un indiano o con quella di un occidentale, anche se per noi inglesi sarebbe stato facile rispondere a quella sul cricket!
Io cambio tipo di film perchè credo che il primo film di ogni regista sia un certo senso il migliore, è stato così per i fratelli Coen (“Blood simple - Sangue facile”), per Soderbergh (“Sesso, bugie e videotape”) ed è così per molti altri...dovrebbero organizzarci un festival sulle opere prime! In sostanza passo da un genere a un altro perchè questo mi riporta alle origini, sono costretto a imparare e il mio film gode di freschezza e spontaneità. |
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Quanto è cambiata la sua vita dopo il viaggio in India? |
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E' un posto straordinario, gli hippy lo dicevano, ma io non ero d'accordo, ero un punk ai tempo...eppure mi rendo conto che avevano ragione. E' il posto degli estremi, bisogna calarsi nella loro mentalità, i contrasti sono belli evidenti e l'uno accanto all'altro, c'è una sorta di accettazione delle vicinanze. Credo di essere diventato un regista migliore. Il compito del regista in genere è quello di controllare tutto, ma in India non ha più il controllo totale, a volte questa cosa è preoccupante, ma poi tutto torna, funziona. L'india ti sorprende sempre, in negativo e in positivo. |
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Come è avvenuta la scelta dei tre bambini protagonisti? |
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Inizialmente il film era pensato per essere recitato tutto in inglese, ma i bambini non parlano inglese lì. Abbiamo pensato di cambiare la prima parte in lingua hindi sottotitolata, potete immaginare quanto fosse contenta la produzione...però alla fine ha aggiunto realismo e ha funzionato, è stata una scelta intelligente. |
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Lei ha detto che prima ho poi farà il sequel di Trainspotting. La scena del bambino nel bagno è una piccola strizzata d'occhio al suo film più famoso? |
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Il problema è che ormai tutti i registi inglesi mettono nei loro film almeno una scena ambientata in un bagno, è diventata quasi un'ossessione. In effetti ho pensato al riferimento di quella scena, però mi preme dire che è una scena fondamentale per il film e prescinde da ogni altro ragionamento. Era molto importante mostrare la determinazione del bambino, disposto a tutto pur di accogliere la star che arrivava con l'elicottero. Dalle stalle alle stelle in un certo senso. |
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Questo script è insolitamente melodrammatico per i suoi lavori. C'è stata qualche ingerenza o influenza per l'importante uscita indiana? C'è qualche regista italiano che ama? |
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Ovviamente il film è necessariamente influenzato dall'India in quanto è stato girato lì. Mombay è una città melodrammatica. Tuttavia c'è stato detto dall'attore che fa il conduttore televisivo, che è una grande star lì in patria, che il film potrebbe non funzionare in quanto è troppo poco melodrammatico per i loro standard...
Per quello che riguarda i registi italiani c'è da dire che avete avuto grandi maestri. Sicuramente Fellini, Visconti, Rossellini, De Sica. Sono molto interessato a vedere “Gomorra”, che mi hanno detto in molti essere un gran film, ma ancora non ne ho avuta l'occasione. |
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La colonna sonora, come spesso accade nei suoi film, è meravigliosa. Come ha lavorato sulle musiche? |
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A parte una traccia "esterna" ("Paper planes" dei M.I.A. nda), le musiche sono state composte da A.R. Rahman, lui è famosissimo in India, tramite lui ho capito quanto è importante la musica per gli Indiani, anche perchè quando giravo per le strade con lui veniva riconosciuto da tutti, addirittura lo hanno fermato anche quando eravamo a Londra. Lui ha svolto un ottimo lavoro perchè è stato in grado di mischiare nel modo giusto influenze occidentali e orientali, mischiando anche molti generi. |
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